La mattina dell’8 aprile 1994 un elettricista assunto per installare un sistema di sicurezza in una villa di Lake Washington Boulevard, a Seattle, trova al suo interno il corpo senza vita del padrone di casa: si tratta del cantante Kurt Cobain, tormentato leader della band Nirvana, che in quel momento è all’apice del successo negli Stati Uniti e nel resto del mondo; il coroner conferma ben presto che l’uomo si è tolto la vita, morendo all’età di 27 anni. Torniamo indietro nel tempo all’aprile di 31 anni fa, cercando di ricostruire le dinamiche di quanto accaduto.
Il 1994 è un anno complicato per i Nirvana: dopo una breve sessione di registrazione a gennaio, la band intraprende un tour europeo che viene interrotto quasi subito a causa dei problemi di salute – fisici e mentali – di Kurt: dopo la tappa a Monaco dell’1 marzo, al cantante vengono infatti diagnosticate una bronchite (di cui soffre in forma cronica) e una grave laringite, costringendolo a volare a Roma per sottoporsi alle cure; due giorni dopo lo raggiunge anche la moglie, la cantante Courtney Love. La mattina del 4 marzo, tuttavia, egli viene ricoverato per un’overdose da Rohypnol e champagne: i medici riescono a stabilizzarlo, e nonostante il suo manager tenti di minimizzare l’accaduto, la Love dichiarerà in seguito che si era trattato di un tentativo di suicidio.
Il 18 marzo, dopo che la coppia è tornata a Seattle, la polizia riceve una chiamata di Courtney preoccupata perché Kurt si è chiuso in una stanza con una pistola e ha tendenze suicide: quando gli agenti si presentano nella villa sequestrano diverse armi e una boccetta di pillole al cantante, che sostiene invece di essersi barricato nella camera per nascondersi dalla moglie. Il 25 marzo Courtney coinvolge diversi amici e colleghi di Kurt per convincerlo a entrare in un centro di disintossicazione per i suoi grossi problemi di droga (da cui è fortemente dipendente dal 1991, quando inizia ad assumere eroina per alleviare i suoi frequenti dolori allo stomaco).

Dopo un iniziale rifiuto, il 30 marzo Kurt accetta di disintossicarsi in un centro di Los Angeles; prima di partire chiede però a un amico di comprargli un fucile, sostenendo di volersi proteggere da eventuali intrusi ma di non poterlo acquistare a suo nome perché la polizia potrebbe sequestrarglielo. Si tratta dello stesso fucile che userà per togliersi la vita. L’1 aprile, due giorni dopo essere stato ammesso alla clinica, Kurt scappa scalando il muro di due metri della struttura. Il giorno seguente è nuovamente a Seattle, dove si fa portare in taxi a comprare delle cartucce per fucile dicendo al tassista di essere stato rapinato. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, è il 5 aprile quando Kurt Cobain, dopo aver assunto pesanti dosi di Valium ed eroina, rivolge il fucile contro se stesso togliendosi la vita.
L’annuncio della sua morte, tre giorni dopo, getta nello sgomento non solo i suoi cari ma anche l’intera industria musicale, nonché la grande comunità di fan che la band – e Kurt in particolare – ha raccolto nel corso degli anni: persino il Presidente Bill Clinton valuta la possibilità di rivolgere alla nazione il proprio cordoglio, ma viene poi dissuaso dal leader dei Pearl Jam Eddie Vedder per evitare di scatenare un effetto emulazione nei tanti giovani colpiti dall’accaduto. I funerali di Kurt Cobain si svolgono in forma privata, ma ai fan viene data la possibilità di rendere un ultimo omaggio al proprio idolo il 10 aprile 1994, a una veglia pubblica tenutasi al Seattle Center: nel corso della cerimonia viene riprodotta una registrazione in cui Courtney Love legge la lettera lasciatale da Kurt prima di morire; la stessa Courtney si presenta in persona qualche ora più tardi per salutare e consolare i presenti, come farà anche nei giorni successivi con chi andrà a farle visita.