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Home » Spettacolo » Di cosa parla Di padre in figlio, il doc di Rai 3 dedicato ai tifosi di calcio?

Di cosa parla Di padre in figlio, il doc di Rai 3 dedicato ai tifosi di calcio?

Interviste a vip si alternano nel doc Di padre in figlio a quelle con persone comuni per parlare di tifo per la propria squadra.
Francesca FiorentinoDi Francesca Fiorentino14 Settembre 2024
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Di padre in figlio Palermo
Uno striscione con la scritta "Di padre in figlio" allo stadio del Palermo (fonte: RAI)
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Di padre in figlio. Vita da tifosi, il documentario diretto da Gianni Costantino, scritto assieme a Vincenzo Cascone e dal casertano Sante Roperto parla del fenomeno del tifo, visto però da una prospettiva diversa. Il film, come si evince dal titolo, esplora la dimensione familiar-rituale del tifo per una squadra di calcio. Solitamente è un’eredità paterna, qualcosa che appunto si tramanda di padre in figlio, proprio come si farebbe con un lavoro.

Nel documentario, che sarà trasmesso da Rai 3, oggi, 14 settembre 2024, alle 21.20, storie di persone comuni si intrecciano a quelle di tifosi celebri come gli interisti Andrea Bocelli e Paolo Bonolis. O il rosanero del Palermo Salvo Ficarra.

Salvo Ficarra tifoso Palermo
Salvo Ficarra del duo Ficarra e Picone sfoggia la sciarpa del Palermo (fonte: RAI)

Da Genova a Bologna, passando per Pisa e Roma, gli interpellati racconteranno il rapporto d’amore-odio che li lega alla loro squadra di calcio del cuore. Qualcosa che, come sostiene la vulgata, non si può cambiare mai. A differenza di religione, politica e compagne o compagni di vita.

Del resto nella parola tifo è contenuta una dimensione “patologica”. Spesso e volentieri si dice che ci si possa ammalare d’amore per una squadra. Come emerge dalle note per la stampa degli autori del film:

“In Curva il medico è accanto l’operaio, l’artigiano spalla a spalla con l’avvocato o con il tifoso Vip. C’è chi nella vita di tutti i giorni fatica a trovare un’identità, c’è chi pur avendone una – magari anche una celebre – desidera perderla almeno per il tempo di una partita. Su quei gradoni sono tutti uguali. Sono tutti fratelli. Sono tutti lì, nell’estasi di un territorio sacro ed esclusivo che costituisce un’entità autonoma all’interno dello stadio. Per loro esiste soltanto un’eredità comune che molto spesso passa di generazione in generazione. Di padre in figlio“.

 

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