Lee Tamahori, il regista neozelandese che ha diretto alcuni dei film più iconici degli anni Novanta e Duemila, è morto all’età di 75 anni. La famiglia ha confermato in una dichiarazione a Radio New Zealand che il cineasta si è spento serenamente nella sua casa, dopo aver convissuto con il morbo di Parkinson.
Nato a Wellington nel 1950 da genitori di origini miste maori e britanniche, Tamahori ha lasciato un’eredità cinematografica ricca e sfaccettata. La sua famiglia lo ha ricordato come “leader carismatico e uno spirito creativo feroce” che ha sempre sostenuto il talento maori sia davanti che dietro la macchina da presa.
Visualizza questo post su Instagram
La carriera di Tamahori è iniziata negli anni Settanta e Ottanta nell’industria cinematografica australiana e neozelandese, dove ha fatto esperienza come membro della troupe in diversi film di Geoff Murphy, tra cui “Goodbye Pork Pie” e “La terra silenziosa”. Un momento decisivo è stato il suo ruolo come primo assistente alla regia per Nagisa Oshima nella produzione internazionale di alto profilo “Furyo”.
Il suo debutto alla regia con Once Were Warriors nel 1994 ha segnato una svolta sia nella sua carriera che nel cinema neozelandese. Il dramma, che racconta con crudo realismo la brutalità della vita di una famiglia maori che lotta per sopravvivere ad Auckland, è diventato il film di maggior incasso della Nuova Zelanda e ha ottenuto un impatto internazionale significativo. Questa pellicola ha aperto a Tamahori le porte di Hollywood.
La transizione a Hollywood è arrivata con “Mulholland Falls”, un noir d’epoca con Nick Nolte e Chazz Palminteri, non particolarmente apprezzato. Tuttavia, il film ha consolidato la reputazione di Tamahori come operatore affidabile nel sistema hollywoodiano, portandolo a dirigere “L’urlo dell’odio”, un thriller di sopravvivenza che vedeva Anthony Hopkins recitare al fianco dell’orso Bart in una sceneggiatura firmata da David Mamet, e “Nella morsa del ragno”, un thriller basato sui romanzi di James Patterson con Morgan Freeman.
Il lavoro più prestigioso della sua carriera è arrivato con Die Another Day, il ventesimo film della saga di James Bond. Uscito nel 2002, il film è diventato celebre per la sua auto invisibile e per il bikini arancione di Halle Berry. Si è rivelato anche l’ultima apparizione di Pierce Brosnan nei panni dell’agente 007, prima che il testimone passasse a Daniel Craig. Lo stesso Tamahori ha successivamente riconosciuto che l’avvento della saga di Jason Bourne aveva reso l’era Brosnan un po’ antiquata, ma il film ha comunque riscosso un grande successo di pubblico al momento della sua uscita, anche se non necessariamente tra i critici.
Dopo Bond, Tamahori ha continuato a lavorare su produzioni di grande scala, dirigendo “XXX: State of the Union” con Ice Cube, dopo che Vin Diesel aveva abbandonato il franchise originale. Ha poi realizzato il thriller fantascientifico “Next” con Nicolas Cage e “The Devil’s Double”, una favola politica sulla vita di Uday Hussein, figlio di Saddam Hussein, e del suo sosia, entrambi interpretati da Dominic Cooper.
Negli ultimi anni della sua carriera, Tamahori è tornato in Nuova Zelanda per realizzare “Mahana”, basato sul romanzo di Witi Ihimaera “Bulibasha: King of the Gypsies”, sulla storia di un patriarca maori immaginario.
Nel 2024 ha pubblicato “The Convert”, con Guy Pearce nel ruolo di un missionario britannico che si trova coinvolto con i maori locali. Questo film rappresenta l’ultimo capitolo di una carriera poliedrica.



