E.T. – l’extraterrestre finisce con l’inseguimento degli agenti governo, un gruppo di ragazzini con l’intento di mettere in salvo il piccolo alieno, che in fondo non è così diverso da loro ed il magico, indimenticabile volo con una bicicletta. Tutti questi elementi compongo l’emozionante finale del film di Steven Spielberg, che si conclude nella foresta. Qui Elliot (Henry Thomas), Mary (Dee Wallace), Gertie (Drew Barrymore) e Keys (Peter Coyote) vedono atterrare l’astronave venuta a recuperare il piccolo extraterrestre.
È arrivato il momento di salutarsi. Dopo aver ricevuto in dono da Gertie i crisantemi che aveva rianimato, E.T. si avvicina ad Elliot e lo rassicura che sarà sempre con lui, puntando il suo enorme dito luminoso sulla fronte del ragazzo. I due si abbracciano per pochi secondi prima che l’extra terrestre salga sulla sua astronave. Il film si chiude definitivamente con il decollo di questa e la scia di un arcobaleno.
Diretto nel 1982 da Steven Spielberg, il film è diventato una vera e propria pietra miliare della cinematografia internazionale che, almeno una volta, deve essere visto. Non tutti sanno, però, che la sua storia nasce dalla fantasia di un giovanissimo Steven durante gli anni dell’infanzia. Per superare il divorzio dei genitori, infatti, crea un amico immaginario dalle fattezze di un alieno.
Prima di dare forma concreta a questa fantasia, però, sono dovuti passare molti anni. I ricordi d’infanzia, infatti, hanno cominciato a riaffiorare durante le riprese de I predatori dell’arca perduta. In quel momento, insieme alla sceneggiatrice Melissa Mathison, allora moglie di Harrison Ford, inizia a strutturare un soggetto con al centro l’amicizia di un ragazzo e di un piccolo extra terreste.
Un elemento fondamentale, però, è l’aspetto di E.T, che non deve essere piacevole, anche se non spaventoso. Il concetto di base del film, infatti, prevede che l’amore e l’amicizia non dipendano dall’aspetto estetico. In sostanza, secondo lo stesso Spielberg, doveva sembrare una tartaruga senza guscio. Un’idea che è stata poi ampliata e concretizzata da Carlo Rambaldi, il “padre” italiano di E.T.