Geolier è una parola francese che significa ‘carceriere’, ‘secondino‘, ‘guardia carceraria’ (con radice comune all’inglese jailer) ma è anche un appellativo informale con cui si designano gli abitanti di Secondigliano, quartiere periferico di Napoli, da dove peraltro proviene l’omonimo rapper napoletano.
Geolier, al secolo Emanuele Palumbo, è molto legato alla sua terra d’origine, ai suoi affetti, e ha deciso di presentarsi a Sanremo 2024 proprio per mostrare ai suoi concittadini che la tenacia può essere la chiave di volta per migliorarsi sempre: “I ragazzi di Napoli mi vedono come un loro amico che ce l’ha fatta. Io non sono Maradona, non sono Pino Daniele, sono io e sono molto meno di queste persone. Io mi limito a rappresentare loro nei comportamenti, nel linguaggio. Spero che i ragazzi prenderanno d’esempio la mia storia, non me – conclude – e che provino sempre a fare quello che gli piace“.
Il rapper, in un’intervista a Today, ha anche rispedito al mittente le critiche sulla presunta poca aderenza del suo testo ai dettami della tradizione linguistica napoletana: “Il napoletano non ha grammatica, ha abitudini. La lingua napoletana è cambiata di generazione in generazione. Io sono del 2000, parlo il napoletano dei ragazzi. Mi rivolgo a loro e loro mi capiscono. Il napoletano si è sempre evoluto. Da ‘io te vurrìa vasà’ a ‘io te voglio vasà’, ‘tu voless’ vasà’. Ma in tutte le lingue è successo questo. Anche Tupac ha inserito slang in americano. È licenza poetica. Io parlo il napoletano dei rioni, quello dei ragazzi“.
Palumbo è al Festival con “I p’me, tu p’ te”, manifesto della sua poetica legata all’uso esclusivo del dialetto: “Se non avessi potuto cantare in napoletano non sarei venuto”. Al link che segue, la traduzione in italiano di I p me tu p te.