La cuoca del presidente, film del 2012 diretto da Christian Vincent, finisce con la protagonista Hortense, pronta a iniziare una nuova vita come chef di una missione di studio francese in Antartide. Ispirato alla vera storia di Danièle Mazet-Delpeuch, che fu la cuoca personale del presidente François Mitterrand dal 1988 al 1990, il film è un’ode alla caparbietà di Hortense Laborie (Catherine Frot).
La conosciamo proprio mentre è al lavoro nella stazione di ricerca in Antartide, quando un flashback ci fa fare un salto a quattro anni prima. Hortense è una cuoca che lavora nella fattoria di famiglia nel Périgord, dove la sua attività principale è produrre tartufi. Un giorno viene scelta come cuoca privata del Presidente della Repubblica Francese (Jean d’Ormesson).
Gli inizi sono comprensibilmente difficili, poiché deve imparare tutta una serie di regole ferree sul cerimoniale dell’Eliseo. Tuttavia, Hortense, sente che andrà molto d’accordo con il Capo dello Stato. Le è stato detto, infatti, che l’uomo ama la cucina tradizionale, anzi casalinga. Così, la chef dà fondo a tutte le sue ricette più semplici e gustose. E che piacciano tanto al suo committente, lo dimostrano i piatti che tornano indietro sempre vuoti.
Hortense non ha molte possibilità di parlare con il suo Boss, ma il Presidente è così ammaliato da quel cibo che decide di ricevere la chef in privato. I due si parlano a cuore aperto, senza steccati. E quando il Presidente chiede alla donna di fare un ulteriore salto di qualità, Hortense inizia a preparare pietanze sempre più elaborate. Tutto funziona alla grande, ma il rapporto privilegiato che Hortense ha instaurato col Presidente attira più di un’invidia. Soprattutto nel team della cucina centrale, privato della possibilità di cucinare direttamente per il Presidente, come invece avveniva prima. Hortense viene addirittura ribattezzata Madame Du Barry, come la favorita di re Luigi XV.
Hortense allora comincia a non sentirsi più a suo agio. Complici le condizioni di salute del Presidente, a cui è prescritta una dieta leggera, e i costi troppo alti per la gestione della cucina, Hortense decide di dimettersi alla vigilia di un viaggio di lavoro del Presidente in Tunisia. La donna, con grande abnegazione, nonostante abbia già deciso di andare via, compie un ultimo servizio. E nel cuore della notte raggiunge le cucine dell’Eliseo per preparare degli snack che il Presidente condividerà con gli altri ospiti a bordo dell’aereo.
Poche ore dopo, lascia la lettera con le sue dimissioni al responsabile. Lo staff di Hortense, che ha imparato ad amarla nel tempi, la festeggia in un teatro improvvisato, cantando per lei e inscenando un simpatico spettacolo. Nell’ultima sequenza, Hortense passeggia sorridente, prima di imbarcarsi verso il polo Sud. Lavoro difficile che ha accettato solo perché ben pagato. In questo modo potrà realizzare il sogno di aprire una tartufaia in Nuova Zelanda.
Mentre la vediamo, nel finale di La cuoca del Presidente, ascoltiamo la sua voce fuori campo che legge le parole scritte per il Presidente, a cui augura ogni bene. “Spero che non si dimenticherà mai dei bignè ai fiori di acacia e dei risotti alla trombetta dei morti“, gli scrive. “Stia bene. E diffidi delle diete. Come diceva Montesquieu, una salute conservata con una dieta troppo severa è una noiosa malattia“, conclude.