Si è spento a Roma nelle scorse ore, all’età di 85 anni, Enzo Staiola, noto per aver interpretato il piccolo Bruno nel capolavoro del Neorealismo, Ladri di biciclette (1948) di Vittorio De Sica. La sua performance, intensa e autentica, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del cinema italiano e mondiale.
Uno degli episodi più emblematici della lavorazione di Ladri di biciclette riguarda la scena finale, in cui Bruno, il figlio del protagonista, scoppia in lacrime dopo aver assistito all’umiliazione del padre, reo di aver rubato una bicicletta, al culmine della disperazione dopo il furto della sua. Per ottenere una reazione autentica dal giovane Staiola, che non riusciva a piangere a comando, De Sica adottò un approccio ingegnoso.
Finse di trovare mozziconi di sigaretta nelle tasche del bambino e lo accusò scherzosamente di essere un “ciccarolo” (raccoglitore di cicche), provocando in lui un pianto genuino. Questo stratagemma permise di catturare una delle scene più toccanti del film, simbolo del neorealismo italiano.
La storia è stata documentata in un altro capolavoro del cinema italiano, C’eravamo tanto amati. Qui, l’aneddoto di De Sica e Staiola divenne il pretesto per raccontare la storia del fallimento di uno dei protagonisti, Stefano Satta Flores, ammiratore del regista a tal punto da portarlo come argomento nel quiz di Mike Bongiorno, Lascia o raddoppia.
La domanda che gli avrebbe permesso di vincere tanti soldi era proprio quella sulle lacrime del piccolo Bruno/Enzo.
Nato il 15 novembre 1939 a Roma, Enzo Staiola fu scoperto da De Sica mentre giocava per le strade della capitale. Colpito dalla sua naturale espressività, il regista lo scelse per il ruolo di Bruno Ricci. Dopo il successo di Ladri di biciclette, Staiola recitò in altri film, tra cui Vulcano (1950) e La contessa scalza (1954). Negli anni successivi, si allontanò dal mondo del cinema, dedicandosi all’insegnamento della matematica e lavorando come impiegato presso il catasto di Roma.
La sua figura rimane indissolubilmente legata al neorealismo italiano, movimento cinematografico che ha raccontato con spiazzante verità le difficoltà del Dopoguerra, tanto da meritare le critiche di un giovane Giulio Andreotti che all’epoca tuonò: “I panni sporchi bisogna lavarli in casa“.
Ma il cinema non tiene conto dei diktat della politica. E l’interpretazione di Staiola in Ladri di biciclette, così come il film, continua a commuovere. Testimoniando la potenza del cinema nel rappresentare la realtà umana.