Nato il 4 luglio, film drammatico di Oliver Stone, finisce con Ron Kovic (Tom Cruise) che, acclamato dalla folla, poco dopo aver pubblicato le sue memorie, parla contro la guerra alla convention del Partito Democratico in vista delle elezioni del 1976. Nell’ultima sequenza del film, pochi istanti prima di salire sul palco, attorniato da due ali di folla, Ron rivive alcuni flash della sua esistenza, dalle parate patriottiche viste col padre da bambino, passando per i suoi exploit sportivi, fino ad arrivare al primo bacio con Donna. Intervistato da una giornalista, l’uomo ammette che per la prima volta dopo il congedo, si sente finalmente a casa, e saluta il pubblico con il gesto della vittoria, alzando indice e medio. Il film è ispirato alla storia vera di Ron Kovic, reduce del Vietnam,
Ron Kovic è un giovane pieno di ideali patriottici di Massapequa; nato il 4 luglio, giorno della festa d’indipendenza americana, il suo sogno è servire il proprio paese e diventare un eroe. Decide allora di arruolarsi nei Marines, venuti nel suo liceo a reclutare giovani per il nascente conflitto in Vietnam, nonostante le titubanze degli amici e del padre, che, pur veterano, dubita della sensatezza di una guerra combattuta a migliaia di chilometri di distanza; la madre, al contrario, fervente nazionalista cattolica, crede nella lotta contro il comunismo e si oppone alla propaganda di valori antiamericani. Nel 1967 Ron, al comando del suo plotone, durante un’operazione militare finita male, prima stermina un’intera famiglia di civili indifesi, e poi uccide per errore un commilitone, Wilson. Nonostante il suo diretto superiore provveda immediatamente ad insabbiare la tragedia, Ron è roso dai dubbi. Qualche mese più tardi, nel corso di una ricognizione, Kovic e il suo plotone vengono sorpresi da un’imboscata di vietcong, e Ron, colpito a un piede, si nasconde dietro un cespuglio e inizia a sparare all’impazzata contro il nemico, ma viene colpito da un secondo proiettile allo sterno. Messo fuori combattimento, è tratto in salvo e trasportato in un ospedale da campo, dove riceve le prime cure. Ricoverato nell’ospedale per reduci nel Bronx, Ron viene a sapere che il secondo colpo ha prodotto una grave lesione vertebrale; non potrà camminare mai più. Sulle prime, il giovane non si dà per vinto, e tenta tutte le strade per riacquistare la funzionalità degli arti inferiori, ma dopo una rovinosa caduta con frattura del femore, è costretto a passare mesi immobile a letto per evitare di perdere la gamba.
Tornato finalmente a casa nel 1969, Ron fatica ad adeguarsi alla sua nuova condizione di disabilità, e non riesce ad accettare gli sguardi pieni di fastidio e compassione dei suoi concittadini. Invitato a parlare in pubblico durante le celebrazioni per il 4 luglio, Ron è vittima di un attacco di panico mentre ricorda gli avvenimenti della guerra. Lentamente, l’uomo si rende conto di non essere accettato, anzi di essere mal tollerato dalla comunità cui appartiene; gli americani non vogliono davanti agli occhi testimonianze dirette degli orrori della guerra. Parlando con un amico, Ron riflette sul fatto che forse la decisione di andare a combattere è stata sbagliata, ma non riesce a conciliare questo suo dubbio con il suo indefesso amore per la patria. Sempre più tormentato e depresso, allora, diventa dipendente dall’alcool; una sera, rientrato a casa a tarda notte dopo essere caduto con la sedia a rotelle mentre cercava di approcciare una ragazzina in un locale, Kovic, disperato, riversa contro la madre tutte le sue frustrazioni, insultando i valori di Patria e religione a lei tanto cari. Dopo averla offesa anche personalmente, poi, distrutto, scoppia a piangere, certo che nessuna donna potrà mai realmente amarlo, nelle condizioni in cui si trova. Ansioso di riprendere contatto con un corpo che sente ormai estraneo, Ron si reca in Messico per una vacanza rigenerante e lì, con la complicità di un altro veterano paraplegico, fa la conoscenza di Maria, una prostituta; i due hanno un rapporto, ma Ron, invaghitosi di lei, smette di frequentarla quando la vede parlare male di lui a un altro cliente. Prima di lasciare il Messico disilluso e ancora senza amore, Ron scrive una lettera ai genitori di Wilson, chiedendo loro di incontrarlo.
Tornato negli Stati Uniti e recatosi a casa Wilson, Ron conosce una famiglia americana tipica, cresciuta con negli stessi valori che sua madre gli aveva insegnato sin da piccolo. Con fatica Kovic ammette di aver ucciso per sbaglio il commilitone; le sue parole sono accolte con freddezza e imbarazzo. Tempo dopo, nel 1972 a Miami Beach, nel corso della convention repubblicana in vista delle elezioni presidenziali, vediamo il reduce partecipare a una marcia contro la guerra, con in mano una bandiera americana. Entrato nella sala della convention insieme a un piccolo gruppo di manifestanti, Ron si fa largo tra la folla e, intervistato da una giornalista, prende la parola denunciando apertamente le bugie del governo sulla minaccia comunista, che hanno mandato a morte migliaia di americani, e rivendicando il suo amore per il popolo americano, unito al disprezzo contro al governo. Insultato e spintonato mentre continua ad esprimere a tutta forza il suo dissenso, Ron viene poi arrestato nel corso dei tumulti da alcuni poliziotti in incognito, salvo essere immediatamente liberato da alcuni manifestanti in mezzo al tumulto.
Con un salto temporale di quattro anni, ci troviamo ora alla convention democratica nazionale, a New York. Kovic è in camerino, pronto per fare il suo ingresso sul palco e viene acclamato come un eroe da molte persone che lo incitano e si complimentano con lui. Dopo aver firmato un autografo su una copia del suo libro di memorie, Ron, accerchiato dai flash dei fotografi, ricorda alcuni momenti della sua vita, a partire da quando la madre gli aveva raccontato un sogno, nel quale Ron parlava al cospetto di una folla gremita, passando per le partite di baseball, le parate del 4 luglio con il padre, il primo bacio. Ron, poi, prima di salire sul palco spiega a una giornalista quanto grande sia l’onore di poter parlare al cospetto degli americani; finalmente dopo tanto tempo, davvero ci si può sentire a casa: “La strada è stata lunga per noi reduci, e solo adesso io sento di essere tornato a casa. Sì, forse ora siamo tornati a casa“.