I Rolling Stones devono il loro nome a un pezzo del 1950 di Muddy Waters, Rollin Stone, reinterpretazione di Catfish Blues. La storia tramandata ai posteri vuole che Brian Jones abbia scritto un annuncio sulla rivista Jazz Weekly il 2 maggio del 1962, per formare un nuovo gruppo.
Via via rispondono il tastierista Ian Stewart, Keith Richards e Mick Jagger. Sono proprio questi ultimi a voler dare un’impronta blues alla band. Dopo vari assestamenti, il gruppo prende forma. La formazione originaria è composta da Mick Jagger (voce), Keith Richards e Brian Jones (chitarre), Dick Taylor (basso), Ian Stewart (piano). Nel dicembre ’62 arriveranno anche Bill Wyman al basso e nel ’63 Charlie Watts alla batteria, per un quartetto che sarà definitivo, dopo la morte di Jones, avvenuta il 3 luglio 1969 (farà parte del famigerato club 27).
A quel punto, il più è fatto. Manca solo il nome. Ci pensa Brian Jones, che inizia a presentare la band ai vari giornalisti. Al telefono col reporter di Jazz News che gli chiede come si chiami il gruppo, Jones si guarda intorno. Si trova nell’appartamento di Chelsea in cui vivono tutti insieme. In quel momento l’occhio corre su un vinile appartenuto al padre, Rollin’ Stone di Muddy Waters. L’espressione è un modo di dire americano per riferirsi ai vagabondi “A rolling stone gather no moss” ovvero “una pietra che rotola non si copre mai di muschio“. La scelta dura una frazione di secondo. Declama il nome della formazione con grande orgoglio.
E in effetti, non avrebbe potuto esserci scelta più azzeccata. La storia, raccontata nella canzone, è quella di un ragazzino, nato da un incontro fugace e clandestino tra una donna sposata e il suo amante. Nel verso finale la donna annuncia al suo uomo la gravidanza, dicendo che il piccolo sarà un vagabondo (rolling stone, appunto). Il brano, come ogni pezzo blues che si rispetti, è morbido e sensuale, perfetto per incarnare lo spirito dei Rolling Stones di Mick Jagger. Che debuttarono oltre 60 anni fa.
È il 12 luglio 1962. Il luogo, il leggendario Marquee Club di Londra. A salire sul palco c’è un gruppo che ruba subito l’occhio. Sostituiscono Alexis Korner e la sua band, impegnati in una performance per BBC. Da quel momento si fa la storia.