Nodo alla gola di Alfred Hitchcock non è solo un thriller psicologico avvincente, ma anche una rivoluzione tecnica che ha sfidato le convenzioni del cinema. Girato come un’unica sequenza continua, il film immerge lo spettatore nello spazio claustrofobico di un appartamento newyorkese, dove due giovani, una coppia omosessuale, hanno commesso un omicidio e celano il cadavere durante una cena. Hitchcock, con la sua abilissima regia, abbandona il montaggio tradizionale per costruire un’esperienza visiva innovativa, simulando il tempo reale e trasformando la narrazione cinematografica.

Ispirato alla pièce teatrale “Rope’s End” di Patrick Hamilton, il film sfrutta il concetto aristotelico di unità di tempo, spazio e azione. Hitchcock decide di raccontare la storia con soli dieci piani sequenza lunghi circa 10 minuti, il massimo consentito dai rulli di pellicola dell’epoca. Per nascondere i tagli tra le bobine, utilizza espedienti visivi come il passaggio della macchina da presa dietro a un attore o la chiusura temporanea dell’inquadratura su oggetti scuri.
Il set è costruito su misura per permettere i complessi movimenti di macchina. Pareti mobili e mobili su ruote vengono spostati silenziosamente dagli operatori durante le riprese. L’uso del Technicolor, pur inizialmente poco gradito al regista, si rivela essenziale per scandire il passaggio del tempo, con la luce che si affievolisce dal tramonto fino alla notte.
La regia di Hitchcock è minuziosa: ogni movimento degli attori e della macchina da presa è stato pianificato con precisione militare, fino ai minimi dettagli. Anche il sonoro, normalmente registrato separatamente, è catturato dal vivo con un sistema innovativo di microfoni multipli per garantire la sincronizzazione perfetta.