Schegge di paura, film thriller con Edward Norton e Richard Gere, finisce con Aaron che, dopo l’annullamento del processo in cui era imputato per omicidio, confessa al proprio avvocato, Martin Vail, di essere pienamente colpevole del reato, e di non soffrire affatto di sdoppiamento della personalità; il ragazzo ammette con orgoglio il complicato stratagemma messo in atto per cavarsela,. Nel finale, Vail esce a testa bassa da un tribunale deserto.
Aaron Stampler (Edward Norton), un ragazzo di estrazione umile, timido e molto introverso, con un passato di violenze domestiche subite, viene arrestato e accusato di aver ucciso l’Arcivescovo Rushman, presso il quale lavorava come chierichetto e tuttofare, dopo essere stato trovato nelle vicinanze della scena del crimine, ricoperto di sangue. Incuriosito dal caso, il noto avvocato difensore Martin Vail (Gere) decide di occuparsene personalmente, profondamente convinto com’è dell’innocenza del ragazzo. Nel corso delle indagini svolte per cercare di dimostrare la presenza di un’altra persona, diversa da Aaron, sul luogo del delitto, Vail e la sua squadra si imbattono in un filmato porno girato dall’Arcivescovo, che ha come protagonisti proprio Aaron e una ragazza, anch’essa collaboratrice del prelato, di cui Aaron è invaghito.
Vail, recatosi in prigione per chiedere conto ad Aaron della videocassetta, il cui contenuto rappresenterebbe un valido movente a carico del ragazzo, lo aggredisce verbalmente: in quel momento, il timido e remissivo Aaron lascia il posto a una seconda personalità di nome Roy, un bullo aggressivo ed arrogante, che con sprezzo confessa a Vail di aver ucciso l’Arcivescovo su richiesta dello stesso Aaron, incapace di sopportare oltre gli abusi sessuali perpetrati dall’Arcivescovo; Roy, insomma, arriva in soccorso di Aaron quando per lui le cose si fanno troppo difficili da gestire; Aaron nega di aver ucciso l’Arcivescovo perché non sa, o meglio non ricorda, di averlo fatto; quando la personalità di Roy prende il sopravvento, infatti, si sostituisce in tutto e per tutto ad Aaron.
Vail, con le spalle al muro, tenta una mossa scaltra e disperata: non potendo infatti cambiare strategia difensiva a metà processo (il sistema legale americano non lo consente) decide di far pervenire anonimamente il filmato alla pubblica accusa, che sarà poi obbligata a presentarlo come prova nel dibattimento: così facendo, Vail riuscirebbe a introdurre, seppur di traverso, la questione degli abusi sessuali, proseguendo nel contempo la ricerca della fantomatica “terza persona”, La pubblica accusa è rappresentata da Janet Venable, ex amante di Vail. Dopo aver fatto recapitare il nastro alla donna, Vail punta la sua attenzione su John Shaughnessy, procuratore distrettuale della contea, con cui è in pessimi rapporti: Vail accusa Shaughnessy di aver coperto per anni le perversioni dell’Arcivescovo, e di averlo ucciso dopo che questi aveva fatto mancare l’appoggio politico ed economico a un piano di riqualificazione urbanistica voluto proprio da Shaughnessy. Il giudice, dopo aver rimproverato aspramente Vail per la sua condotta, decide però di escludere la testimonianza di Shaughnessy, in quanto irrilevante al caso.
Senza più carte da giocare, Vail decide allora di far testimoniare Aaron, per permettergli di raccontare in prima persona il lungo rapporto di fiducia avuto con l’Arcivescovo, e spingendolo a negare il possibile movente legato ai filmati pornografici; Aaron infatti afferma di avervi partecipato senza costrizione. Nello stesso tempo, però, Vail inizia a provocare il suo cliente, apostrofandolo in modo brusco, nel tentativo di far riaffiorare la personalità ferma e arrogante di Roy. Nel corso del contro interrogatorio svolto dall’accusa, Aaron appare progressivamente sempre più sotto stress, agitato, non in grado di gestire gli stimoli esterni, assistendo impassibile all’attacco frontale del procuratore che presenta al cospetto della giuria il movente dell’omicidio: l’Arcivescovo avrebbe costretto Aaron a praticare atti sessuali davanti a una telecamera: se il ragazzo non avesse obbedito, sarebbe stato “licenziato”, e non avrebbe avuto più un tetto sulla testa, o un modo per guadagnarsi da vivere. Aaron nega fino all’ultimo, e il procuratore conclude l’interrogatorio.
Ma all’improvviso, Roy, con tono sprezzante e aggressivo, richiama indietro il procuratore e dopo aver scavalcato con un balzo il banco dei testimoni, la aggredisce e tenta di strangolarla, venendo portato via a fatica dagli ufficiali giudiziari. Dopo quanto avvenuto, al giudice non resta altro che dichiarare nullo il processo in corso e istruirne uno nuovo, con rito abbreviato, senza giuria, raccomandando una sentenza di non colpevolezza per infermità mentale; Aaron sarà così mandato in un ospedale psichiatrico per un periodo di valutazione di 30 giorni. Vail si reca quindi nella sezione detentiva del tribunale, dove Aaron è stato provvisoriamente rinchiuso, per comunicargli la buona notizia. Nel congedarlo, Aaron gli chiede di fare avere le sue scuse al procuratore, augurandole buona fortuna per la lesione al collo. In quel momento, Vail all’improvviso realizza la verità.
Non esistono perdite di memoria, non esistono doppie personalità: Aaron, il ragazzo timido e balbettante, è stata solo una messa in scena orchestrata da Stampler, il cui vero nome è proprio Roy, per fingersi mentalmente disturbato e ottenere così una pena più leggera. Roy, quindi, confessa senza più alcuna remora l’omicidio dell’Arcivescovo, ben sapendo di non poter essere processato due volte per lo stesso reato. Vail se ne va così dal tribunale senza proferire parola mentre Roy, con sarcasmo, lo dileggia dicendo: “Alla fine mi ringrazierai, perché questa esperienza farà di te un vero duro, Martin Vail, io me ne intendo!”.
Il ruolo di Aaron/Roy è valso a Edward Norton una nomination all’Oscar come Miglior attore non protagonista nel 1997.