Pietro Valsecchi, uno dei produttori più influenti del cinema italiano, ha rilasciato una lunga intervista al Corriere della Sera in cui ripercorre la sua carriera e, soprattutto, racconta senza filtri il rapporto con Checco Zalone, dal primo incontro alla rottura definitiva. Un sodalizio che ha prodotto cinque film e incassi record, ma che si è incrinato tra tensioni creative, richieste economiche e ambizioni contrastanti.
Tutto iniziò grazie al figlio di Valsecchi, Filippo, che all’epoca aveva 12 anni. Il ragazzo insistette perché il padre guardasse un comico di Zelig che lo faceva “morire dal ridere”. Inizialmente scettico verso quel tipo di comicità, Valsecchi rimase colpito dall’ironia tagliente e dall’irriverenza di Luca Medici, in arte Checco Zalone. Trovato il suo numero di telefono, lo chiamò una mattina presto. Zalone, insieme al suo amico e regista Gennaro Nunziante, raggiunse il produttore a Cortina. L’incontro fu singolare: loro portarono le mozzarelle dalla Puglia, Valsecchi li accolse con il tartufo.
A quella cena nacque l’idea di Cado dalle nubi, la storia di un ragazzo del Sud che parte per conquistare Milano e diventare un grande cantante. All’interno di Medusa, la società di cinema di Berlusconi che Valsecchi possedeva al 50 per cento, non tutti erano convinti del progetto. Il produttore andò avanti comunque, contro il parere di molti, e il film incassò 18 milioni di euro. Fu solo l’inizio di un successo travolgente.

I film successivi macinarono incassi straordinari: il secondo arrivò a 45 milioni, il terzo a 52. Valsecchi racconta di aver trasmesso a Zalone e Nunziante l’amore per l’arte, per il collezionismo e di aver affinato il loro gusto per il vino. Condivisero serate di musica, risate e momenti che il produttore definisce “preziosi”. Ma con il successo crescente, qualcosa iniziò a cambiare. Zalone, secondo Valsecchi, divenne ossessionato dall’ansia del primo posto, sempre più attento agli aspetti economici. Il produttore ricorda con un sorriso amaro: “Mi diceva ridendo: se canto la terza canzone nel film voglio un cachet a parte. Non scherzava”.
La rottura definitiva arrivò durante la lavorazione di Tolo Tolo, il film che si rivelò il più difficile. Zalone e Nunziante faticavano a trovare la storia giusta. Valsecchi vedeva Luca spaesato, che gli ripeteva: “Non mettermi ansia, Pietro”. Ma il tempo passava e serviva un’idea. A quel punto Gennaro Nunziante avanzò una richiesta economica che il produttore definisce “assurda”. La discussione degenerò rapidamente. Valsecchi gli rispose senza mezzi termini: “Ma tu non sei Zalone, tu sei il regista di Zalone”. Lo cacciò dall’ufficio in malo modo, urlandogli dietro fino in strada. Non si sono più rivisti.
Valsecchi lasciò quindi Zalone libero di realizzare Tolo Tolo come desiderava. Il film, che il produttore considerava andato “male”, incassò comunque 48 milioni di euro. Ma fu un’operazione molto diversa dalle precedenti. Luca non voleva più far ridere, rifiutava gli autori che Valsecchi gli proponeva per affiancarlo. Secondo il produttore, Zalone aveva bisogno del riconoscimento dell’intellighenzia di sinistra, che inizialmente non lo aveva capito. “È un democristiano fino al midollo”, spiega Valsecchi, “voleva l’approvazione di quel mondo e quando l’ha avuta l’ha snobbato”.
Quella ricerca di legittimazione culturale costò cara al produttore: 24 milioni di euro. Zalone gli disse: “Con tutti i soldi che ti ho fatto guadagnare, ora te li faccio spendere”. Una sorta di vendetta poetica che Valsecchi accettò, riconoscendo al comico il diritto di prendersi la sua libertà dopo tutti i successi ottenuti insieme. Nonostante tutto, il produttore non nega il valore di quel percorso: “Abbiamo fatto un lungo viaggio insieme ed è stato indimenticabile”.



