Le vuvuzela, le moleste trombette di plastica che caratterizzarono i Mondiali di calcio sudafricani del 2010, sono diventate uno dei simboli più controversi nella storia delle competizioni sportive. Ma che fine hanno fatto, dai tempi del Waka Waka, l’inno mondiale di Shakira?
Se non lo ricordate, la vuvuzela è una trombetta ad aria di plastica lunga circa 65 cm che produce un suono caratteristico da 127 decibel, paragonabile al rumore di uno sciame di vespe. Freddie “Saddam” Maake, un celebre tifoso della squadra di calcio sudafricana Kaizer Chiefs, dice di aver inventato per primo la vuvuzela adattando una versione in alluminio dello strumento già nel 1965.
Durante i Mondiali del 2010, i primi in Africa, divenne parte integrante del tifo da stadio in Sudafrica, un elemento culturale a sé stante. Tanto da spingere la FIFA a permettere che venisse introdotta negli stadi, dopo un dibattito non proprio sereno (dovuto al fastidio che fanno).
Secondo alcune fonti locali, almeno un milione di ‘vuvuzelas’ sarebbero state vendute, anche via internet. Il fenomeno si estese rapidamente oltre i confini africani: addirittura l’app per riprodurre il suono delle vuvuzela aveva ricevuto 750.000 download.

La mania contagiò tutto il mondo, con esiti a volte assurdi. Una volta, persino un tifoso degli Yankees provò a suonarla nello stadio al Bronx e fu immediatamente fermato dalle guardie di sicurezza dello stadio. Perché le vuvuzelas facevano un frastuono terrificante. Il Mondiale sudafricano passò alla storia per l’impossibilità di seguire le gare in tv causa rumore funesto delle trombette. L’11 giugno 2010, durante la cerimonia di apertura del Mondiale, una donna sudafricana, Yvonne Meyer, si lacerò la trachea soffiando troppo forte in una vuvuzela. Per due giorni non poté né mangiare né parlare.
Dopo l’estate del 2010, l’interesse per le vuvuzela diminuì drasticamente. Per la cronaca, furoo espressamente vietate in altre competizioni sportive, quali il Torneo di Wimbledon, la Coppa del Mondo di rugby e numerosi altri eventi internazionali. Il mercato che aveva visto un boom improvviso si sgonfiò altrettanto rapidamente.
Molti commercianti che avevano investito nella produzione e importazione di masse di vuvuzela si ritrovarono con magazzini pieni di strumenti invenduti. La moda passeggera si rivelò esattamente questo: un fenomeno temporaneo legato esclusivamente all’evento mondiale. E come ogni fenomeno pop che si rispetti, ora le vuvuzela sopravvivono principalmente come oggetti da collezione o souvenir.