Ci sono delle immagini che hanno il potere e la forza di raccontare un momento ed immortalare per sempre un evento. Tra queste c’è, senza alcun dubbio, il volto di Abebe Bikila, atleta e maratoneta etiope che ha legato il suo destino sportivo all’unica Olimpiade ospitata dalla città di Roma nel 1960. A farlo entrare nella leggenda, però, non è solo la conquista della medaglia d’oro nella maratona, ma anche il fatto di aver coperto oltre 42 chilometri di quella gara a piedi nudi.
In questo modo, con una scelta precisa di “stile”, concordata con il suo allenatore, lo svedese di origine finlandese Onni Niskanen, Bikila diventa il simbolo dell’Africa che si liberava dal colonialismo europeo. La sua, infatti, è la prima medaglia d’oro olimpica conquistata dal continente. Un successo che riesce a bissare, in modo incredibile, quattro anni dopo ai giochi di Tokyo 1964. In questo caso nemmeno un’appendicite subita qualche settimana prima riesce a fermarlo. Vince, infatti, la sua seconda medaglia d’oro olimpica nella maratona, correndo questa volta con le scarpe.
Purtroppo, però, la sua è anche una storia dai risvolti drammatici. Dopo i fasti sportivi, infatti, nel 1969 Bikila rimane vittima di un incidente stradale sulle strade di Addis Abeba. Le conseguenze sono terribili. L’atleta, infatti, rimane paralizzato dalla vita in giù. Nonostante questo, però, lo sport continua ad essere una costante delle sue giornate.
Basta solamente cambiare disciplina. Nel 1972, infatti, riesce a partecipare alle Olimpiadi di Heidelberg nella specialità del tiro con l’arco. L’ultimo momento importante della sua esistenza, visto che l’anno successivo sarebbe morto a soli 41 anni per una emorragia celebrare. Da quel momento riposa nel cimitero parrocchiale di San Giuseppe ad Addis Abeba, ma la sua immagine e la prodezza atletica portata a termine rimarranno per sempre impressi nella mitologia sportiva.