Il tennis è forse lo sport più nobile e classista. Basta vedere le rigidissime regole di stile di Wimbledon, dove si può giocare solo vestiti di bianco, per capirlo. Anche per questo lo scandalo di Gussie Moran, nel giugno del 1949, fece epoca. Moran, allora numero 4 negli Stati Uniti e finalista ai campionati indoor, fece irruzione nelle cronache mondiali non per i suoi colpi, ma per l’outfit scelto per giocare sull’erba di Wimbledon. Grazie al talento di Ted (Teddy) Tinling, tennista e designer, Moran indossò un abito fino ad allora impensabile: gonna corta con slip in seta bianca rifiniti in pizzo. È stato un vero shock di stile che scatenò un putiferio mediatico e regolamentare.
Il board di Wimbledon reagì con durezza e definì la scelta come portatrice di “volgarità e peccato nel tennis”. A rincarare la dose, il presidente Sir Louis Greig che accusò Moran di aver attirato l’attenzione su zone del corpo che avrebbero dovuto essere coperte.

La notizia varcò anche le soglie del Parlamento britannico. Tinling, che di Wimbledon era responsabile da 23 anni, fu costretto a dimettersi. E il campo? Nonostante il notevole impatto visivo, Moran fu eliminata al primo turno del singolare, anche se raggiunse la finale di doppio femminile. Il bilancio sportivo, però, passò in secondo piano. La stampa la battezzò “Gorgeous Gussie”, consacrandola simbolo della sensualità nel tennis e protagonista di campagne fotografiche.
Ma quella divisa fu un momento di liberazione femminile? Tinling stesso ha spiegato che, dopo cinque anni di rigide uniformità, approvò quel pizzo non solo valorizzare il corpo di Moran, ma anche preservarne la libertà di movimento. Moran, però, confessò di essere rimasta sopraffatta dall’attenzione. Disse: “Non riuscivo a concentrarmi sul gioco, pensavo solo che si fissassero sulle mie mutande”.
Dopo lo scandalo, molti altri tornei adottarono regolamenti più severi: Wimbledon fissò regole più rigide sull’altezza delle gonne, e lo US Open vietò slip in pizzo e scollature troppo pronunciate. Moran stessa successivamente evitò outfit provocatori, consapevole del danno alla propria concentrazione.
Ted Tinling continuò a lavorare come designer per le grandi tenniste dagli anni ’50 agli anni ’70. L’ultima a indossare un suo abito a Wimbledon fu Martina Navratilova nel 1979, trionfando in singolare e doppio. Billie Jean King indossò una sua creazione nel 1973 durante la battaglia dei sessi.
Gussie continuò a giocare per altri anni: raggiunse quarti di finale a Wimbledon 1950, divenne professionista nel 1951 e partecipò al tour con sponsor prestigiosi. Fece apparizioni in film come Pat and Mike (1952) e lavorò come radiocronista nei decenni successivi. Ma la notorietà conquistata con un salto, una gonna e un po’ di pizzo divenne il marchio indelebile della sua storia.
E dire che oggi sarebbe stata semplicemente iconica.