CioccolaTò, la grande festa del cioccolato che si tiene ogni anno a Torino, è diventato il teatro della diatriba tra le piccole e medie imprese italiane di cioccolateria e Lindt per la riconoscibilità del Gianduiotto come prodotto legato al territorio piemontese. Nello specifico il riconoscimento di Indicazione Geografica Protetta per il famoso cioccolatino di Torino, promosso dal 2017, si trova ora in un momento di sospensione visto che l’azienda svizzera si oppone.
Perché il prodotto ottenga il marchio Igp, dunque, la Lindt chiede che venga inserito tra gli ingredienti il latte in polvere. Richiesta inaccettabile perché si tratta di un elemento utilizzato solo a livello industriale. Il prodotto artigianale originale, invece, vede l’uso di soli tre ingredienti: zucchero, nocciola e cacao. Per questo motivo, dunque, storiche aziende di cioccolato come Ferrero, Venchi e Domori si sono unite in questa battaglia per difendere la qualità del prodotto artigianale allontano il pericolo di una produzione industriale volta al risparmio delle materie prime.
Da parte sua, però, la Lindt rivendica l’appartenenza del gianduiotto grazie all’acquisto, nel 1997, della Caffarel. Un particolare irrilevante visto che il famoso cioccolatino nasce nel lontano 1865 quando Gianduia, la maschera tradizionale del Carnevale di Torino, la presentò alla folla dandole il nome.
La prima azienda a produrlo, poi, fu proprio la Caffarel. A questa va anche il merito di aver aggiunto all’impasto la nocciola tonda gentile delle Langhe. Una scelta che doveva andare a sopperire alla minor quantità di cacao che in quel periodo entrava in Europa. Ovviamente a quei tempi il latte in polvere non esisteva. Motivo per il quale la richiesta da parte della Lindt continua ad essere assurda ed è vista, da parte di tutte le altre aziende, come un tentativo di giocare a ribasso dal punto di vista economico.