Diventerà presto realtà la Nutella vegan: lo scorso primo dicembre, infatti, la Ferrero ha depositato il marchio Nutella Plant Based, all’ufficio italiano dei brevetti. Cosa vuol dire questo? Che in tempi ancora da stabilire il colosso dolciario piemontese commercializzerà una versione 100% vegetale della leggendaria crema spalmabile alla nocciola.
La ricetta classica, presentata al mondo nel 1964, prevede infatti la presenza del latte vaccino. Quindi non può essere gustata né dagli intolleranti al lattosio né da coloro che hanno scelto di non alimentarsi con cibi di origine animale. Per motivazioni etiche, di sostenibilità ambientale o semplicemente di salute. Con la Nutella vegan cade quindi un piccolo tabù.
Non si conoscono ancora le “sostituzioni” degli ingredienti. Si ipotizza che sarà utilizzata una bevanda vegetale alla soia o di mandorla al posto del latte. Scelta effettuata con successo già da molti altri brand, ben posizionati nel mercato del “free from” (ad esempio Valsoia, ma anche Rigoni d’Asiago).
Attenzione: la dicitura vegan al momento non comparirà sulle confezioni, nonostante l’assenza di ingredienti animali nel prodotto. Questo da un lato per non “spaventare” i consumatori che dovranno abituarsi a questa piccola rivoluzione poco alla volta.
Ma anche perché Ferrero è una multinazionale che per produrre, come molte altre, non sempre agisce rispettando tutti i canoni del pensiero vegan, ovvero sostenibilità ed etica al 100%. A partire dall’utilizzo del famigerato olio di palma, la cui produzione è (anche) alla base della deforestazione.
Sull’etichetta ci saranno termini come vegetale e plant based, quindi, ma non vegan. Come detto, però, dal punto di vista strategico, occupare la fascia di mercato di vegani e intolleranti è in ogni caso una mossa acuta.
Il mercato plant based, ovvero di cibi completamene vegetali, ha raggiunto i 5,8 miliardi di euro di vendite in Europa. In Italia il settore vale circa 680 milioni di euro. La volata è tirata soprattutto dalle bevande vegetali.