Alessandro Taffo è il creativo della più famosa agenzia funeraria italiana. In poche parole, colui che cura le divertenti campagne pubblicitarie dell’azienda di famiglia. Proprio quelle che fanno sorridere della morte. In un’intervista a La Repubblica, Taffo ha aperto il suo cuore non soltanto sulle difficoltà che ha dovuto incontrare negli anni, ma anche sulle richieste più assurde ricevute per la sua attività, gestita con il fratello Daniele. Una in particolare. “Dipingere una bara di rosso per un defunto del Partito comunista“, ha detto.
Di campagne bocciate, o che lo hanno fatto pentire, nemmeno l’ombra. Se si eccettua per un caso. E no, non è quello sulla Giornata della Memoria che ha scatenato tante polemiche per l’accusa a Israele di essere smemorato. “Quella con più critiche è di gennaio 2014: una cornetta del telefono penzolante, come in un film horror, e il titolo ‘vi aiuteremo a farlo a pezzi’. Parlavamo del funerale a rate, la gente ha pensato che volessimo fare a pezzi i defunti“, ha aggiunto.
Quanto alla sua vita, Alessandro Taffo ha parlato degli anni giovanili, segnati dal bullismo. “Ero bullizzato. Quando papà mi accompagnava a scuola al Tuscolano dicevano ‘è arrivato il becchino’. Sono cresciuto con l’idea di dover riscattare me stesso e questo lavoro. Vedevo papà che usciva la mattina e tornava la sera con un carico di responsabilità grosso perché un funerale non ammette repliche“, ha spiegato.
Adesso, ovviamente, è tutto diverso. Da lui c’è la fila per avere un gadget griffato Taffo. Del resto, sono stati tantissimi i familiari dei vip che si sono rivolti a lui per i funerali del loro cari. Ultimi in ordine di tempo, quelli di Sandra Milo, scomparsa lo scorso gennaio. E il suo funerale? “Io sono un po’ gitano, vorrei andarmene con i botti“, ha concluso.