Secondo uno studio pubblicato su Nature Ecology and Evolution, i pipistrelli sono gli animali con la maggiore concentrazione di zucchero nel sangue. Livelli talmente alti da non essere compatibili con la vita. Eppure, non ne risentono affatto. Anzi. Questo per via di una serie di caratteristiche fisiologiche che potrebbero rivelarsi essenziali anche per curare il diabete umano e altre malattie metaboliche. Lo studio è stato condotto dagli scienziati dello Stowers Institute for Medical Research negli Stati Uniti. E si è concentrato sull’evoluzione di queste creature che col passare degli anni hanno iniziato a nutrirsi di frutta a nettare, carne e sangue.
I ricercatori, guidati dalle dottoresse Jasmin Camacho e Andrea Bernal-Riveral, hanno condotto delle analisi nelle giungle dell’America Centrale, del Sud America e dei Caraibi, facendo test di tolleranza al glucosio su 200 pipistrelli di 29 specie diverse. Catalogando con cura come lo zucchero venisse assimilato, assorbito, immagazzinato e utilizzato nel corpo, dopo aver mangiato.
Come gestiscono il glucosio i pipistrelli? In modo molto diverso. Quelli della frutta mettono in campo l’insulina per abbassare la glicemia, quelli del nettare, invece, tollerano livelli di glucosio altissimi. Grazie a strategie metaboliche alternative a una predisposizione genetica. E anche a caratteristiche anatomiche peculiari, per esempio un intestino più lungo e dotato di cellule intestinali più ampie in grado di assorbire meglio i nutrienti dal cibo.
Questo primo approccio rappresenta un punto di partenza importante che può portare ad ulteriori studi su possibili nuove terapie per molte malattie metaboliche.
Racconta Nadav Ahituv, docente di bioingegneria e genetica dell’Università della California, San Francisco:
“Questo studio stabilisce risorse estremamente importanti per il settore. Fornisce non solo caratteristiche metaboliche di varie specie di pipistrelli con diete diverse, ma anche la loro morfologia intestinale e regioni genomiche candidate e differenze strutturali proteiche che potrebbero guidare gli adattamenti dietetici. I set di dati alimenteranno la ricerca futura e potrebbero far progredire lo sviluppo di nuove terapie per una varietà di malattie metaboliche negli esseri umani“.