Queer è una parola che deriva dal germanico quer (a sua volta derivante da torquere) che si significa diagonale, di traverso, obliquo. Essa viene utilizzata per indicare tutte e tutti coloro che non si identificano come eterosessuali. E (o) non sono cisgender. Fanno parte dell’universo queer, quindi, le persone la cui identità di genere non corrisponde al sesso biologico assegnato alla nascita.
La storia della parola queer è molto affascinante, perché all’inizio veniva considerata estremamente dispregiativa, quasi come fosse sinonimo di “checca”, che poi è la traduzione italiana del romanzo di William Burroughs, Queer. Più in generale si riferiva a tutto ciò che era eccentrico, strano. Un’espressione idiomatica inglese, da cui Anthony Burgess prese il titolo per il suo Arancia Meccanica, era “queer like a clockowork orange“, strano come un’arancia meccanica.
Queer, poi, nel tempo è diventato un termine profondamente connesso alla comunità LGBTQIA+, con una grande rivendicazione d’orgoglio. In particolare, dagli anni ’90 in avanti, quando divenne noto grazie agli attivisti americani di Queer Nation, un collettivo di artisti di base a New York che si adoperò per proteggere la comunità LGBTQ dalla violenza, sostenendo le persone sieropositive.
Ecco un passaggio Queer Nation manifesto:
“Essere queer non ha a che fare con un diritto alla privacy; ha a che fare con la libertà di essere in pubblico, di essere semplicemente ciò che siamo. Essere queer significa combattere l’oppressione tutti i giorni: l’omofobia, il razzismo, la misoginia, il bigottismo dei religiosi ipocriti e l’odio che abbiamo per noi stessi e noi stesse. (Ci è stato metodicamente insegnato a odiarci). E ora, naturalmente, significa anche combattere un virus, e gli omofobi che usano l’AIDS per cancellarci dalla faccia della terra. Essere queer significa condurre un tipo di vita differente“.
Da insulto, insomma, a parola dal valore fortissimo a livello culturale, sociale e politico. Michela Murgia, poi, ha fatto proprio il termine queer inventando la queer family. Indicando quel gruppo di persone, non legate da alcuna connessione familiare, che le è stata vicina nei suoi ultimi giorni di vita. Un modo per espandere ancora di più il significato della parola, connettendolo a un nucleo familiare non tradizionale. Ma pieno d’amore.