Il 6 dicembre del 1933 il giudice federale americano, John M.Woolsey, dichiarò finalmente che l’Ulisse di James Joyce non fosse né pornografico né osceno. Rendendo possibile la vendita di uno dei romanzi chiave del ‘900, con una sentenza destinata a fare storia. Il libro, pubblicato nel 1922, non aveva in realtà contenuti pornografici. Ma le allusioni erotiche da parte dello scrittore bastarono a far considerare l’Ulisse come un libro scandaloso. Nella cattolica Irlanda, per dire, andò in stampa solo negli anni ’60. Ambientato in un unico giorno, il 16 giugno del 1904, che in Irlanda si festeggia come Bloomsday, racconta le vicende di Leopold Bloom, un uomo di origini ebraiche che vaga per Dublino, concedendosi piaceri di ogni tipo. Dal cibo al sesso.
Concepito come una sorta di Odissea moderna, è strutturato in tre parti con capitoli che ricordano quelli cantati da Omero. Joyce alternò scrittura naturalistica e flusso di coscienza, rompendo di fatto la narrazione tradizionale. Già questo era considerato piuttosto scandaloso all’epoca. In più, molte scene avevano un contenuto erotico marcato. Come quella in cui Bloom, dopo essere andato in bagno, andava a lavarsi in un bagno pubblico. Perdendosi in fantasie amorose su una sconosciuta. E contemplando il suo pene flaccido.
In un’altra pagina, Bloom si masturba dopo aver visto, sulla spiaggia di Sandymouth, una ragazza che gli mostrava la biancheria intima.
Parte cruciale del romanzo è il 0momento in cui Bloom accompagna al bordello il suo figlioccio, Stephan Dedalus. Qui, in un crescendo farneticante, Joyce racconta nel dettaglio i desideri di Bloom.
Infine, ma non per importanza, c’è il monologo di Molly, la moglie fedifraga di Leopold, diventato uno dei più celebri scritti sul desiderio femminile. La giunonica Molly, cantante lirica, pensa intensamente ai vizi del coniuge e in un flusso libero di immagini e parole, dopo aver dato corpo alle sue fantasie, decide di restare con lui.