Negli ultimi anni sono stati dedicati molti studi alla vita sentimentale di Giacomo Leopardi, uno dei poeti italiani più importanti. In particolare, a essere al centro della questione è stata la sua sessualità. Un libro in particolare, Silvia è un anagramma, di Franco Buffoni, sostiene che il poeta fosse omosessuale e che questa sua condizione avrebbe influenzato profondamente la sua opera. L’autore accusa il mondo accademico di aver a lungo ignorato o minimizzato questo aspetto della vita di Leopardi, per paura di mettere in discussione l’immagine tradizionale del poeta. Ma cosa ha spinto Buffoni a seguire questo percorso? Al suo vaglio le numerose lettere d’amore scritte da Leopardi al suo grande amico Antonio Ranieri.
Politico, scrittore e patriota italiano, Ranieri conobbe il poeta di Recanati nel 1828 a Firenze, instaurando con lui un profondo legame che durò fino alla morte di Leopardi. I due condivisero spesso la stessa abitazione, dando adito a una serie di pettegolezzi, in realtà mai del tutto confermati. I maligni sostengono che Ranieri, grande donnaiolo, fosse interessato solo al patrimonio di Leopardi. Sfruttando così il debole che Leopardi aveva per lui.
In una lettera a Ranieri, scritta da Firenze in un momento di lontananza tra i due, quando Ranieri fu costretto a restare a Napoli per via dei suoi problemi familiari, si legge:
“Ranieri mio, tu non mi abbandonerai però mai, né ti raffredderai nell’amarmi. Io non voglio che tu ti sacrifichi per me, anzi desidero ardentemente che tu provvegga prima d’ogni cosa al tuo ben essere: ma qualunque partito tu pigli, tu disporrai le cose in modo, che noi viviamo l’uno per l’altro, o almeno io per te; sola ed ultima mia speranza. Addio, anima mia. Ti stringo al mio cuore, che in ogni evento possibile e non possibile, sarà eternamente tuo“
E ancora
“Povero Ranieri mio! Se gli uomini ti deridono per mia cagione, mi consola almeno che certamente deridono per tua cagione anche me, che sempre a tuo riguardo mi sono mostrato e mostrerò più che bambino. Il mondo ride sempre di quelle cose che, se non ridesse, sarebbe costretto ad ammirare; e biasima sempre, come la volpe, quelle che invidia.
Oh Ranieri mio! Quando ti ricupererò? Finché non avrò ottenuto questo immenso bene, starò tremando che la cosa non possa esser vera. Addio, anima mia, con tutte le forze del mio spirito. Addio infinite volte. Non ti stancare di amarmi“
Infine:
“Ranieri mio, non hai bisogno ch’io ti dica che dovunque e in qualunque modo tu vorrai, io sarò teco. Considera bene e freddamente le tue proprie convenienze (…) e poi risolviti. La mia risoluzione è presa già da gran tempo: quella di non dividermi mai più da te. Addio“
Basta per identificare una relazione sentimentale? Alcuni studiosi sostengono che queste missive fossero solo espressioni di un’amicizia profonda, manifestata nella maniera tipica dell’epoca e di un amore romantico.
Alcuni critici, inoltre, temono che interpretare l’opera di Leopardi attraverso la lente della sua presunta omosessualità possa portare a una lettura parziale e distorta dei suoi testi. Ad esempio, il ciclo di poesie dedicato ad Aspasia potrebbe essere riletto come una metafora della relazione tra Leopardi e Ranieri, ma questa interpretazione contrasta con le prove storiche che attestano l’esistenza di una relazione sentimentale travagliata tra Leopardi e Fanny Targioni-Tozzetti.
In sintesi, non abbiamo certezze relative alla vita sentimentale di Leopardi. Con ogni probabilità il poeta si sentiva attratto dalle persone, anime affini, indipendentemente da loro genere d’appartenenza. E questo lo rende, se possibile, ancora più moderno.