In un esperimento rivoluzionario, un team di fisici di cui non si conosce ancora l’identità ha rallentato la luce fino a soli 61 chilometri orari, una velocità paragonabile a quella di una bicicletta. Il risultato è stato ottenuto grazie all’uso di un condensato di Bose-Einstein (BEC), uno stato della materia che emerge a temperature prossime allo zero assoluto. Questo fenomeno, che sfida la concezione comune della luce come entità sempre rapidissima, potrebbe avere applicazioni straordinarie nel campo dell’informatica quantistica e della memorizzazione dei dati.

In condizioni normali, la luce viaggia a quasi 300.000 chilometri al secondo nel vuoto. Tuttavia, quando attraversa materiali come acqua o vetro, la sua velocità subisce una lieve riduzione. Gli scienziati hanno scoperto che, facendo interagire i fotoni con un condensato di Bose-Einstein, la luce può essere rallentata in modo estremo. Il BEC è formato da gas raffreddato fino a temperature quasi pari allo zero assoluto, dove gli atomi iniziano a comportarsi come un’unica entità quantistica.
Il processo sfrutta un fenomeno chiamato trasparenza indotta elettro magneticamente (EIT), che modifica il modo in cui la luce interagisce con il materiale. Applicando un laser di controllo, i ricercatori sono stati in grado di creare una sorta di “finestra” trasparente all’interno del condensato, consentendo alla luce di propagarsi a una velocità drasticamente ridotta. Non solo: in esperimenti precedenti, la luce è stata completamente arrestata e poi rilasciata senza perdita di informazioni, una capacità cruciale per il futuro della memorizzazione ottica e della trasmissione dati.
Questa scoperta apre nuove prospettive per la tecnologia quantistica. La possibilità di rallentare e persino fermare la luce potrebbe essere fondamentale per la realizzazione di memorie quantistiche, essenziali per computer basati sulla luce invece che sull’elettricità. Inoltre, la capacità di manipolare la velocità della luce può essere sfruttata per sviluppare sensori di precisione avanzati, in grado di rilevare minime variazioni ambientali.
L’uso del BEC per controllare la luce non è un’idea nuova. Era già successo nel 1999, grazie a una squadra di ricercatori guidata dalla professoressa Lene Hau presso l’Università di Harvard e nel 2001. Tuttavia, gli sviluppi recenti ne confermano il potenziale rivoluzionario.