L’espressione “Rivoluzione Copernicana” viene usata comunemente per indicare un evento o una scoperta così importante e determinante da sconvolgere per sempre lo status quo e le credenze universalmente accettate fino a quel momento. Essa si riferisce appunto all’impatto che le scoperte di Copernico ebbero sullo studio del Sistema Solare e sulla concezione stessa dell’universo dal XVI secolo in poi. Vediamo allora in cosa consistono, e perché esse risultano di enorme rilievo ancora oggi.
Già dai tempi di Aristotele era nota all’uomo l’esistenza di altri corpi celesti oltre alla Terra, e se ne studiavano la disposizione e i movimenti nell’universo: proprio dalle teorie aristoteliche, secondo cui la Terra era situata al centro dell’universo a differenza degli altri corpi celesti, lo studioso alessandrino Tolomeo (100-168) sviluppò il suo modello geocentrico e geostatico. In base a questo modello la Terra è fissa e immobile al centro dell’universo, mentre stelle e pianeti ruotano attorno ad essa seguendo orbite circolari e a velocità costante. Per giustificare la presenza di anomalie nel moto di alcuni pianeti, Tolomeo si servì del concetto di epicicli e deferenti, che vanno a modificare nel tempo le traiettorie dei pianeti.
Il modello tolemaico, situando la Terra in una posizione privilegiata rispetto a tutti gli altri corpi celesti, si sposava alla perfezione con quanto postulato dalla Chiesa, che sanciva la centralità e la sacralità dell’uomo come creatura più importante dell’universo in quanto creatura di Dio. Per questa ragione tale modello venne adottato e attivamente sostenuto dal clero per i secoli a venire.

Nel 1514 l’astronomo polacco Niccolò Copernico (Mikołaj Kopernik, 1473-1543) distribuì a pochi amici fidati la bozza di un breve trattato dal nome di Commentariolus, in cui esponeva le sue prime teorie sui moti di Luna, Sole e vari pianeti. Quest’opera poneva insomma le basi di quello che sarebbe ben presto diventato noto come modello eliocentrico o copernicano, secondo cui al centro del cosmo risiedeva il Sole e non la Terra, che invece ruotava intorno ad esso insieme al resto di stelle e pianeti seguendo un’orbita perfettamente circolare.
Il Commentariolus attrasse subito l’attenzione della comunità scientifica, che insistette affinché Copernico pubblicasse e divulgasse ufficialmente il frutto delle sue lunghe ricerche, ma l’autore continuava a mostrarsi reticente all’idea, probabilmente per paura delle ripercussioni che una teoria così innovativa potesse avere. In realtà proprio a quell’epoca la Chiesa mostrava nei confronti dell’astronomia e delle scienze in generale un atteggiamento leggermente più aperto rispetto a quello che avrebbe riservato a Galileo un secolo dopo: persino il cardinale di Capua Niccolò Schomberg si unì al coro di studiosi interessati alle ricerche di Copernico, chiedendogli una copia del suo lavoro e offrendosi di finanziare i suoi studi.
Fu solo nel 1543, dietro insistenza del suo allievo Giorgio Gioacchino Retico, che Copernico acconsentì a pubblicare il De revolutionibus orbium coelestium: dedicata al papa Paolo III, l’opera conteneva non solo una più approfondita esposizione del modello geocentrico ma anche una serie di calcoli, diagrammi e formule di cui Copernico si era servito per svilupparlo e dimostrarlo, e che si rivelarono di valore inestimabile per gli astronomi a venire. Sfortunatamente Copernico non poté assistere all’impatto che i suoi studi ebbero sulla comunità scientifica e non, né alle controversie che di cui furono oggetto anni dopo, poiché morì poco dopo la pubblicazione del De revolutionibus.