L’11 febbraio 2013, con effetto il 28, nel corso del concistoro per la canonizzazione dei Martiri d’Otranto, Benedetto XVI annunciò – con un discorso in latino – le sue dimissioni papali a causa dell’età avanzata che, a suo dire, non gli consentiva più di esercitare in modo adeguato il ministero petrino: si trattava più precisamente della rinuncia all’ufficio di romano pontefice, che il cardinale Angelo Sodano definì “un fulmine a ciel sereno”. In realtà, pur essendo il primo papa dimissionario di epoca moderna, egli non fu il primo pontefice della storia a rinunciare al suo sacro incarico.
Il primo della lista pare sia stato Clemente I, papa dal 92 al 99 d.C. e venerato come santo sia dalla Chiesa cattolica che da quella ortodossa: arrestato ed esiliato in Crimea dall’imperatore Nerva nel 97, egli rassegnò le dimissioni poiché non in grado di guidare la Chiesa lontano dal Vaticano; a succedergli fu Evaristo I, che però si dice abbia accettato l’incarico dopo il presunto martirio del suo predecessore, avvenuto nell’anno 100.
Ben più documentate sono invece le dimissioni di Ponziano (230-235), che anch’egli dovette rinunciare al pontificato a causa di un esilio, in questo caso una condanna ad metalla in Sardegna ordinata dall’imperatore Massimino il Trace. Lasciato l’incarico ad Antero prima della partenza, Ponziano morì poche settimane dopo, incapace di reggere alla crudeltà dei lavori forzati nelle miniere sarde.
Silverio (536-537) rassegnò le dimissioni dopo appena un anno e mezzo di un pontificato controverso, segnato dalla disapprovazione dell’imperatrice Teodora – che gli avrebbe preferito il diacono romano Vigilio – e di molti ecclesiastici, a causa del suo basso rango nelle gerarchie del clero. Coinvolto suo malgrado negli intrighi della Corte bizantina e di Teodora in particolare, fu accusato ingiustamente di aver facilitato l’assedio goto di Roma del 537 e costretto ad abdicare in favore di Vigilio. Esiliato nell’isola disabitata di Palmaria, morì meno di un mese dopo a causa del brutale trattamento subìto.

Il 145esimo papa, Benedetto IX (1033-1045), fu uno dei più giovani pontefici della storia, e alcune fonti sostengono che avesse solo 12 anni al momento della sua elezione (più probabile però che fossero 25). La sua famiglia venne presa di mira nel corso di una rivolta popolare, che lo costrinse a fuggire da Roma e abdicare nel 1045 a favore di Silvestro III. Quest’ultimo venne però spodestato quando i fratelli di Benedetto IX lo riportarono a Roma, cacciando immediatamente Silvestro. Il secondo pontificato di Benedetto IX fu brevissimo: forse intenzionato a prendere moglie, egli vendette la carica appena 20 giorni dopo, al prezzo di duemila libbre.
A comprarla fu Gregorio VI (1045-1046), che probabilmente non pensava di rivedere sia Benedetto che Silvestro tentare di reclamare il proprio pontificato, ma ciò accadde molto presto; e del resto, lui stesso nutriva dubbi sulla legittimità della sua carica, in quanto ottenuta tramite scambio di denaro. Fu indetto allora dall’imperatore Enrico III il Concilio di Sutri, per far chiarezza sulla situazione e soprattutto sull’accusa di simonia verso Gregorio. Il concilio si concluse con la deposizione di Gregorio a favore di Clemente II, che però morì nel 1047. Al suo posto si insediò nuovamente Benedetto IX, ma un esasperato Enrico III nominò successore, che entrò indisturbato a Roma nel 1048 e fu consacrato come Damaso II; Benedetto IX, accusato anch’egli di simonia, si rifiutò di rispondere e venne scomunicato.
Celestino V (1294), nato Pietro Angelerio, è tuttora venerato come santo con il nome di Pietro Celestino da Morrone. Monaco benedettino e in seguito eremita, fondò una congregazione di frati riconosciuta da papa Gregorio X e si distaccò progressivamente da qualsiasi contatto con il mondo esterno, per dedicarsi alla sua vocazione ascetica. Dopo la morte di papa Niccolò IV il conclave venne sciolto in seguito a un’epidemia di peste, e solo dopo varie peripezie e sollecitazioni fu scelto, 2 anni dopo, il suo successore: il frate eremita Pietro, eletto all’unanimità. Il suo atto papale più celebre fu l’istituzione della Perdonanza, ancora celebrata nella città dell’Aquila. Cinque mesi dopo, nel corso di un concistoro, egli rinunciò tuttavia all’ufficio del romano pontificio, forse per la riconosciuta inadeguatezza nella gestione amministrativa della Chiesa. A succedergli fu Bonifacio VIII. Dante collocò Celestino V tra gli ignavi del suo Antinferno, a causa di questo suo “gran rifiuto”.
Il penultimo fu Gregorio XII (1406-1415), il cui pontificato si inserisce nello Scisma d’Occidente ed era affiancato da quello degli antipapi Benedetto XIII (ad Avignone) e Giovanni XXIII. L’imperatore Sigismondo costrinse tutti e 3 ad abdicare e Gregorio, unico ad accettare la proposta, invece di essere deposto indisse un nuovo conclave, che elesse Martino V.