Il cavallo di Troia è uno dei simboli più iconici della mitologia greca: un enorme costruzione di legno usato dagli achei per introdursi di nascosto nella città di Troia e porre fine a una guerra durata dieci anni. Ma quanto c’è di vero in questo racconto epico? Il cavallo di Troia è realmente esistito o è soltanto una potente metafora?
Iniziamo con il chiarire che l’episodio non fa la sua prima comparsa nell’Iliade di Omero, l’opera che si concentra proprio sui drammatici ed eroici accadimenti della guerra di Troia. Questa, infatti, termina con i funerali di Ettore, poco rima della caduta della città di Priamo. La nascita dell’idea e l’utilizzo del cavallo, invece, trovano spazio nelle pagine dell’altro poema omerico, l’Odissea. Qui, infatti, è Ulisse a raccontare l’inganno pensato da lui stesso quando è ospite del re Alcinoo.

Tuttavia, a fornirne la versione più dettagliata dell’accaduto è Virgilio nella sua Eneide, scritta circa sette secoli dopo i presunti eventi. Secondo l’autore, dunque, gli achei fingono di ritirarsi lasciando un gigantesco cavallo di legno come offerta votiva alle porte della città. I troiani decidono di accoglierlo all’interno delle mura, ignorando gli avvertimenti del sacerdote Laocoonte. Durante la notte, poi, i guerrieri nascosti all’interno del cavallo escono ed aprirono le porte della città ai loro compagni dando così inizio alla sanguinosa conquista di Troia. Era il 24 aprile del 1184 d.C.
La questione, a questo punto, è una sola: si è tratta di semplice mito o dietro un racconto fantastico si cela anche una base di realtà storica? Ad oggi, grazie alle scoperte archeologiche di Heinrich Schliemann sappiamo che, con molta probabilità, la città di Troia è esistita veramente. Le sue rovine sono state trovate nel XIX secolo ad Hisarlik, nell’attuale Turchia. Stando ai resti, poi, sembrerebbe che la città sia stata effettivamente distrutta attorno al 1200 a.C., un periodo compatibile con l’ipotetica guerra. Tuttavia, non esistono prove concrete dell’esistenza del cavallo di legno come descritto nei testi letterari omerici e non.
Stando a quanto proposto da alcuni esperti, dunque, il cavallo di Troia può essere interpretato come una metafora o un simbolo. In antichità, infatti, questi animali erano associati a Poseidone, dio del mare e dei terremoti, e rappresentavano forza e potenza. In questo senso, dunque, potrebbe simboleggiare un assalto inaspettato, un terremoto o un ariete da sfondamento. Un’altra ipotesi, poi, suggerisce che gli achei siano entrati a Troia con l’inganno, magari fingendo di arrendersi, e che la storia del cavallo sia una drammatizzazione postuma. Certo è che l’immagine del cavallo di legno continua ad essere una forte rappresentazione dell’astuzia umana e, in modo particolare, di Ulisse, uno dei personaggi più caratterizzati e meglio definiti dei racconti epici antichi.
Per altri ancora, il nome Hippos (cavallo) derivava dalla polena a testa di cavallo tipica delle imbarcazioni.
Il mito, però, continua.