Il 30 aprile 1945, mentre Berlino crollava sotto i colpi dell’Armata Rossa, Adolf Hitler, il dittatore che aveva trascinato il mondo in una guerra devastante, poneva fine alla sua vita nel Führerbunker, un rifugio sotterraneo che era diventato il suo ultimo baluardo; accanto a lui Eva Braun, la donna che aveva sposato poche ore prima, scelse la stessa sorte. Vediamo insieme cosa accadde nelle frenetiche e drammatiche ore che precedettero la loro morte.
All’inizio del 1945 la caduta del Terzo Reich era ormai imminente, con le forze sovietiche che avanzavano inarrestabili attraversando il fiume Oder e puntando su Berlino. Gli Alleati, nel frattempo, stringevano la Germania in una morsa: gli Americani avanzavano nel sud, i Britannici e i Canadesi superavano il Reno e in Italia le truppe tedesche ripiegavano sotto la pressione del Commonwealth. Per Hitler, barricato nel Führerbunker dal 16 gennaio, la fine era vicina. La battaglia di Berlino, iniziata il 16 aprile con l’assalto sovietico alle alture di Seelow, sarebbe stata l’ultima.
Il 20 aprile, il giorno del suo 56esimo compleanno, Hitler sentì per la prima volta il rombo dell’artiglieria sovietica sulla città; i carri armati dell’Armata Rossa raggiunsero la periferia il 21, mentre il Führer, sempre più isolato, si aggrappava a speranze irrealistiche. Ma il 22 aprile, durante una riunione con i suoi ufficiali, persino lui crollò: infuriato per la disobbedienza del generale delle SS Felix Steiner, egli ammise per la prima volta che la guerra era persa. “Resterò a Berlino e mi ucciderò“, dichiarò, lasciando i suoi fedelissimi senza parole.
L’atmosfera nel Führerbunker era ormai un misto di paranoia e caos. Le comunicazioni con l’esterno si interruppero il 27 aprile, lasciando Hitler e i suoi a dipendere da fragili linee telefoniche. Il 28, un ultimo rapporto colpì come un fulmine: Heinrich Himmler, il temibile comandante delle SS, aveva offerto la resa agli Alleati occidentali. Per Hitler fu il tradimento definitivo: ordinò l’arresto di Himmler e fece giustiziare Hermann Fegelein, rappresentante delle SS e cognato di Eva Braun, accusato di diserzione.

Con l’Armata Rossa a pochi passi dalla Cancelleria del Reich, Hitler prese le sue ultime decisioni: il 29 aprile sposò Eva Braun in una breve cerimonia civile nella stanza delle mappe del bunker, seguita da un modesto pranzo nuziale. Poi, con la segretaria Traudl Junge, dettò il suo testamento, esprimendo il desiderio di non cadere vivo nelle mani dei nemici. La notizia dell’esecuzione di Mussolini, appeso a Milano insieme alla sua amante, aveva rafforzato la sua determinazione: né lui né Eva avrebbero subito un’umiliazione simile.
Il 30 aprile, con i sovietici a meno di 400 metri dal bunker, il generale Helmuth Weidling informò Hitler che le munizioni sarebbero finite entro la notte. Dopo un ultimo pranzo con le segretarie e la cuoca, Hitler e Eva si congedarono dai presenti, tra cui Martin Bormann e Joseph Goebbels. Alle 14:30 si ritirarono nello studio privato di Hitler, e intorno alle 15:30 un odore di mandorle amare – tipico del cianuro – invase la stanza. Heinz Linge, il cameriere di Hitler, e Bormann trovarono i corpi: Hitler si era sparato alla testa con una pistola Walther PPK, mentre Eva era morta per avvelenamento da cianuro. Seguendo le istruzioni di Hitler, i corpi furono portati nel giardino della Cancelleria, cosparsi di benzina e bruciati; il rogo durò 2 ore e mezza, ma non bastò per distruggerli completamente. Due SS li seppellirono in un cratere poco profondo, mentre i sovietici si avvicinavano.
Il 1° maggio la radio tedesca annunciò la morte di Hitler, presentandolo come un eroe caduto in battaglia. Ma la verità era diversa: i sovietici, entrati nella Cancelleria il 2 maggio, trovarono i resti carbonizzati, identificati grazie all’impronta dentale di Hitler. Sepolti e riesumati più volte dalla SMERŠ, l’intelligence sovietica, furono cremati definitivamente nel 1970 e le ceneri disperse in un affluente del fiume Elba, per evitare che il loro luogo di culto diventasse un simbolo neonazista.