Close Menu
  • Ambiente
    • Animali
  • Attualità
  • Cultura
    • Misteri
    • Storia
  • Lifestyle
    • Bellezza
    • Cibo
    • Moda
    • Sesso
    • Viaggi
  • Spettacolo
  • Sport
  • Web
CultWeb.it
  • Ambiente
    • Animali
  • Attualità
  • Cultura
    • Misteri
    • Storia
  • Lifestyle
    • Bellezza
    • Cibo
    • Moda
    • Sesso
    • Viaggi
  • Spettacolo
  • Sport
  • Web
CultWeb.it
Home » Lifestyle » Perché alcuni alimenti creano dipendenza? C’è un motivo scientifico

Perché alcuni alimenti creano dipendenza? C’è un motivo scientifico

La dipendenza da alcuni alimenti non è solo una questione volontà, ma un fenomeno complesso che coinvolge neurobiologia ed emozioni.
Francesca FiorentinoDi Francesca Fiorentino20 Maggio 2025
Facebook WhatsApp Twitter Telegram
gente felice che mangia
gente felice che mangia (fonte: Unsplash)
CONDIVIDI
Facebook WhatsApp Telegram Twitter Email

La sensazione di non riuscire a smettere di mangiare determinati alimenti, soprattutto quelli ricchi di zuccheri, grassi e sale, ha una base scientifica solida. Studi neuroscientifici hanno dimostrato che alcuni cibi ultra-palatabili possono attivare i circuiti cerebrali in modo simile a quello delle sostanze psicoattive. Il coinvolgimento del sistema dopaminergico, in particolare del nucleus accumbens, è centrale nel processo che trasforma l’atto del mangiare in un’esperienza con caratteristiche di dipendenza.

Un’indagine condotta dalla Yale University ha portato allo sviluppo della Yale Food Addiction Scale, uno strumento clinico per misurare la dipendenza da cibo. I risultati suggeriscono che alimenti altamente processati, soprattutto quelli ad alto contenuto glicemico, possono elicitare risposte comportamentali comparabili a quelle osservate in soggetti dipendenti da sostanze. Il cervello risponde a questi cibi con un rilascio rapido e intenso di dopamina, inducendo gratificazione immediata e incentivando il comportamento ripetuto, anche in assenza di fame fisiologica.

In uno studio pubblicato su Nature Neuroscience, si osserva che il consumo regolare di alimenti ipercalorici può portare a una desensibilizzazione dei recettori della dopamina, con un effetto di tolleranza simile a quello riscontrato nei consumatori di droghe. Questo spiega perché alcune persone sentano il bisogno di quantità sempre maggiori di cibo per ottenere lo stesso livello di piacere, entrando in un circolo vizioso difficile da interrompere.

tipico cibo del McDonald's
tipico cibo del McDonald’s (fonte: Unsplash)

Oltre al fattore neurochimico, entrano in gioco dinamiche psicologiche e comportamentali. Alcuni alimenti, come il cioccolato, i prodotti da forno industriali o i cibi da fast food, sono progettati industrialmente per massimizzare la palatabilità. Questa progettazione – nota come bliss point – mira a trovare la combinazione ottimale di grassi, zuccheri e sale per stimolare il piacere sensoriale e favorire il consumo ripetuto. Il concetto è stato descritto in dettaglio nel libro “Salt Sugar Fat” di Michael Moss, che analizza le strategie dell’industria alimentare nel progettare cibi irresistibili.

Un ulteriore elemento è rappresentato dalla memoria emotiva legata al cibo. Lo stress e le emozioni negative possono indurre a un consumo compulsivo di determinati alimenti, che vengono percepiti come confortanti. Questo fenomeno, l’emotional eating, si intreccia con i meccanismi di dipendenza e rende il comportamento alimentare ancora più complesso da gestire.

Non esiste al momento una classificazione ufficiale del disturbo da dipendenza da cibo nei principali manuali diagnostici, come il DSM-5. Tuttavia, il riconoscimento crescente di comportamenti alimentari problematici ha aperto la strada a numerose ricerche volte a chiarire i confini tra abitudine, compulsione e vera e propria dipendenza. L’Organizzazione Mondiale della Sanità non considera attualmente la food addiction una malattia riconosciuta, ma molti specialisti del comportamento alimentare ritengono che abbia caratteristiche cliniche meritevoli di attenzione, soprattutto nei casi in cui interferisce con la qualità della vita o si associa a disturbi metabolici.

Da un punto di vista evolutivo, il cervello umano si è sviluppato per privilegiare il consumo di alimenti ad alta densità calorica, poiché in epoche preindustriali la disponibilità di cibo era incostante. Questo “pregiudizio biologico” oggi si scontra con la sovrabbondanza di alimenti altamente gratificanti, creando un ambiente, alla lunga portatore di obesità, in cui i meccanismi di autoregolazione diventano meno efficaci.

La dipendenza da alcuni alimenti non è solo una questione di forza di volontà o scelte sbagliate, ma un fenomeno complesso che coinvolge neurobiologia, ambiente, emozioni e cultura alimentare. Comprendere questi meccanismi è il primo passo per affrontare il problema in modo efficace, sia a livello individuale sia in termini di salute pubblica.

Condividi. Facebook WhatsApp Twitter Telegram Email

Potrebbero interessarti anche

Trunk or Treat

È nata la trunk-or-treat mania: l’Halloween dei parcheggi tra bagagliai aperti e piogge di dolcetti

6 Ottobre 2025
spinaci crudi

Ottobre è il momento giusto per seminare questi in giardino: resistono persino al gelo

5 Ottobre 2025
donna che si risveglia

Perché ti svegli con quel sapore disgustoso in bocca? Gli esperti svelano la verità

5 Ottobre 2025
Facebook X (Twitter) Instagram
  • Home
  • Chi siamo
  • Staff e redazione
  • Contatti
  • Disclaimer
  • Cookie Policy
  • Privacy Policy
© 2025 CultWeb.it proprietà di Digital Dreams s.r.l. - Partita IVA: 11885930963 - Sede legale: Via Alberico Albricci 8, 20122 Milano Italy - [email protected] | Foto Credits: DepositPhotos

Questo blog non è una testata giornalistica, in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 07.03.2001

Digita qui sopra e premi Enter per cercare. Premi Esc per annullare.