Buon compleanno a Clint Eastwood che oggi compie 95 anni. Nel corso della sua lunghissima carriera a Hollywood ha brillato non solo come attore ma anche come regista, produttore e compositore; è però principalmente grazie ad alcuni dei ruoli da lui interpretati che è diventato simbolo di un certo tipo di mascolinità in cui molti americani si sono nel tempo identificati e si identificano tuttora.
Nato nel 1930 a San Francisco da una famiglia di origini modeste, Clint visse un’infanzia segnata dalla Grande Depressione, con trasferimenti continui lungo la costa occidentale. Dopo il diploma lavorò come bagnino, taglialegna, benzinaio, rifiutando di seguire la famiglia in Texas per inseguire la propria indipendenza. Fu il servizio militare a Fort Ord, durante il quale scampò alla guerra di Corea grazie alle sue doti sportive, a portarlo vicino a Hollywood, grazie all’incontro fortuito con l’attore David Janssen che lo convinse a lanciarsi nella recitazione.
La sua carriera iniziò con ruoli minori, spesso non accreditati, in film come La vendetta del mostro (1955). Il primo vero passo avanti fu nel 1959 con il ruolo di protagonista nella serie western Gli uomini della prateria, dove il suo Rowdy Yates conquistò il pubblico americano. Ma fu l’Europa, e in particolare l’Italia, a trasformarlo in leggenda: nel 1964 Sergio Leone lo scelse per Per un pugno di dollari, primo capitolo della Trilogia del dollaro. Con il poncho, il sigaro e quello sguardo impenetrabile, l’Uomo senza nome divenne l’emblema dello spaghetti-western, un antieroe cinico e solitario che riscrisse le regole del genere. Per qualche dollaro in più (1965) e Il buono, il brutto, il cattivo (1966) consolidarono la sua fama, facendo di lui una star internazionale.
Di lui Leone disse:
“Mi piace perché è un attore che ha solo due espressoni: una con il cappello e l’altra senza cappello“
Tornato in America, Eastwood si impose come l’ispettore Harry Callaghan in Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo! (1971), un poliziotto duro, burbero, armato di una .44 Magnum e di metodi che dividevano critica e pubblico. La saga di Dirty Harry lo consacrò come icona di una mascolinità ribelle, in lotta contro il sistema, un’immagine che lo accompagnerà per decenni. Ma Clint non si fermò al ruolo di attore: nel 1971, con Brivido nella notte, esordì alla regia mostrando un talento che sarebbe diventato il cuore della sua carriera. Fondò anche la Malpaso Productions, garantendosi il controllo creativo sui suoi progetti.

Gli anni ’80 e ’90 segnarono la sua evoluzione: se Fuga da Alcatraz (1979) dimostrò la sua capacità di incarnare ruoli intensi e silenziosi, Gli spietati (1992) fu una svolta. Questo western crepuscolare, dedicato a Leone e al mentore Don Siegel, vinse quattro Oscar, tra cui miglior film e regia, e mostrò un Eastwood capace di riflettere sulla violenza e sul mito del West con profondità. Da allora la sua regia ha preso il sopravvento, con capolavori come Mystic River (2003), Million Dollar Baby (2004) – che gli valse altri due Oscar – Gran Torino (2008) e American Sniper (2014). La sua passione per i biopic, da Bird (1988) su Charlie Parker a Sully (2016) su Chesley Sullenberger, rivela un interesse per le storie vere, raccontate con un misto di empatia e rigore.
A renderlo un mito americano è stata, per tutta la sua carriera, la capacità di rappresentare (davanti o dietro alla macchina da presa) individui che si fanno da soli, ribelli che sfidano le autorità, artisti che non si piegano alle mode: figure che il pubblico considera emblemi dell’America stessa, e a cui alcuni guardano oggi con un pizzico di nostalgia. Eastwood, nel frattempo, continua a guardare avanti, continuando instancabile a dirigere (il suo ultimo lavoro, Giurato numero 2, è del 2024) e a raccontare le storie che più lo appassionano.