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Home » Cultura » Storia » Marcinelle, il giorno in cui l’Italia perse 136 figli, senza avere giustizia

Marcinelle, il giorno in cui l’Italia perse 136 figli, senza avere giustizia

Marcinelle, 1956: la strage in miniera che costò la vita a 262 persone. Un disastro dimenticato che oggi è simbolo della memoria operaia.
Tiziana MorgantiDi Tiziana Morganti8 Agosto 2025
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I minatori di Marcinelle
I minatori di Marcinelle - Fonte: Rai.it
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L’8 agosto 1956, alle 8.10 del mattino, una fitta colonna di fumo iniziò a salire dai pozzi della miniera di carbone di Bois du Cazier, a Marcinelle, sobborgo industriale della città di Charleroi, in Belgio. Quel giorno morirono 262 minatori, di cui 136 italiani. Fu uno dei più gravi disastri minerari della storia europea del dopoguerra e un trauma collettivo destinato a segnare per sempre la memoria dell’emigrazione italiana.

La tragedia ebbe inizio con una banale disattenzione tecnica: un vagoncino non correttamente posizionato nel montacarichi urtò dei cavi elettrici all’interno del pozzo, causando un cortocircuito. L’impianto prese fuoco e le fiamme si propagarono rapidamente, alimentate dai materiali combustibili presenti nei cunicoli. Il fumo tossico invase i tunnel, intrappolando centinaia di lavoratori a oltre mille metri di profondità.

I soccorsi furono lenti, ostacolati dal calore, dal crollo di strutture interne e dall’insufficienza dei mezzi a disposizione. Per giorni si tentò l’impossibile. Solo il 23 agosto, due settimane dopo, fu ufficialmente dichiarato che nessuno dei dispersi era sopravvissuto. La frase pronunciata da uno dei soccorritori, “Tutti cadaveri”, divenne simbolo del dolore di un’intera nazione.

Marcinelle
Marcinelle (fonte: Il Mattino)

Ma perché tanti italiani si trovavano a Marcinelle? La risposta è nella storia dell’emigrazione del dopoguerra. In seguito a un accordo bilaterale firmato nel 1946 tra Italia e Belgio, il cosiddetto “uomo-carbone”, il governo belga si impegnava a fornire carbone all’Italia in cambio dell’invio di manodopera per le miniere. Per ottenere 200.000 tonnellate di carbone al mese, dunque, l’Italia garantiva l’invio di 50.000 lavoratori. I minatori italiani arrivarono in massa, spesso in condizioni precarie, attratti dalla speranza di un salario stabile ma ignari delle reali condizioni di lavoro.

Marcinelle, però, rivelò la drammatica verità: scarsa sicurezza, sfruttamento, baracche fatiscenti, condizioni igieniche al limite. Le denunce precedenti degli emigrati erano state ignorate o sottovalutate. Dopo la tragedia, l’Italia minacciò di sospendere l’accordo, costringendo il Belgio a migliorare, almeno formalmente, le condizioni dei lavoratori.

Il processo giudiziario che seguì, però, si concluse con un senso di ingiustizia: il direttore della miniera fu condannato nel 1961 a sei mesi con la condizionale e 2.000 franchi di multa. Nessuna vera responsabilità, però, fu attribuita.

Oggi, Marcinelle è un luogo della memoria. Il sito della miniera è diventato museo e patrimonio UNESCO. Ogni anno, l’8 agosto, una cerimonia ricorda le vittime, con rappresentanti di Belgio e Italia uniti in un abbraccio simbolico che guarda al passato per non dimenticare.

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