Risale al 23 agosto del lontano 1305, esattamente 720 anni fa, la brutale esecuzione di William Wallace, l’uomo che divenne il simbolo della lotta per la libertà scozzese. Immortalato come “Braveheart” grazie al cinema, Wallace non fu solo un guerriero dal “cuore impavido” ma un leader, un ribelle, un uomo comune che osò sfidare il potente regno d’Inghilterra. La sua vita, avvolta tra storia e leggenda, racconta di un profondo coraggio e di un sogno che non si è ancora spento. La ripercorriamo in questo articolo.
William Wallace nacque intorno al 1270, probabilmente a Elderslie, in Scozia, da una famiglia di piccola nobiltà. Non era un re né un potente signore: suo padre era un cavaliere minore, e la sua vita iniziò lontano dai campi di battaglia. Poco si sa della sua giovinezza, ma le cronache suggeriscono che fosse istruito, conoscitore del latino e con un carattere fiero. La Scozia di fine XIII secolo era un paese in crisi, conteso dall’Inghilterra di Edoardo I il “Lungo” che mirava a sottometterla. Fu in questo clima di oppressione che Wallace trovò la sua vocazione.
Le leggende narrano che il suo odio per gli inglesi nacque dopo un episodio personale: l’uccisione della sua giovane moglie, Marion Braidfute, da parte di un funzionario inglese. Sebbene i dettagli siano incerti, questo evento sembra aver spinto Wallace a prendere le armi. Nel 1297, a Lanark, guidò un attacco contro le forze inglesi, dando il via alla sua ribellione. Non era un soldato di professione, ma la sua determinazione e il suo carisma lo resero un leader naturale, capace di unire contadini, cavalieri e clan sotto la bandiera della libertà.
La fama di Wallace esplose con la vittoria nella battaglia di Stirling Bridge, l’11 settembre 1297: con un esercito di volontari, male armati ma motivati, egli sconfisse le truppe inglesi molto più numerose, dimostrando un genio tattico sorprendente. Usando il terreno a suo vantaggio, Wallace trasformò un ponte stretto in una trappola mortale per i nemici. La vittoria fece di lui un eroe nazionale e gli valse il titolo di “Guardiano di Scozia”. Ma il successo fu di breve durata: l’anno successivo, a Falkirk, gli Inglesi guidati da Edoardo I schiacciarono le sue forze, costringendo Wallace alla fuga.

Da quel momento Wallace divenne un fuggiasco, pur non smettendo mai di combattere e continuando a organizzare azioni di guerriglia per mantenere viva la resistenza. La sua figura era però scomoda per alcuni nobili scozzesi, che avrebbero preferito negoziare con l’Inghilterra. Tradito da un connazionale, Wallace fu catturato nel 1305 e portato a Londra, dove fu processato per tradimento. La sua esecuzione, il 23 agosto 1305, fu brutale: impiccato, sventrato e squartato; il suo corpo fu smembrato come monito ai suoi seguaci. Eppure la sua morte non spense il sogno di libertà, ma lo accese ulteriormente.
William Wallace non vinse la guerra – la Scozia avrebbe conquistato l’indipendenza solo anni dopo, grazie a Robert the Bruce – ma il suo coraggio ispirò un’intera nazione. Le cronache medievali, come quelle del poeta Blind Harry, lo trasformarono in un mito, mescolando fatti e leggende. Anche il film Braveheart del 1995, pur prendendosi molte libertà rispetto ai fatti storici, ha reso Wallace un’icona globale grazie anche alla magistrale interpretazione di Mel Gibson nelle sue vesti.
Ma al di là del cinema, Wallace resta un simbolo di chi lotta contro l’impossibile, di chi sceglie di non piegarsi agli oppressori. La sua storia ci parla di un uomo che, con pochi mezzi e un grande cuore, sfidò un impero. Le colline di Stirling, il suo luogo di trionfo, sono ancora oggi meta di pellegrinaggi, e il Wallace Monument svetta più maestoso che mai come un faro di resistenza, ricordando che la libertà ha un prezzo, ma anche un valore eterno.