Una decisione storica sul filo del rasoio. Oggi, la plenaria del Parlamento europeo riunita a Strasburgo ha confermato l’immunità parlamentare a Ilaria Salis, eurodeputata di Alleanza Verdi Sinistra, con un margine di appena un voto: 306 favorevoli contro 305 contrari e 17 astenuti, su un totale di 628 votanti.
Il voto, rigorosamente segreto, ha rappresentato l’epilogo di una battaglia politica e giuridica che va ben oltre la vicenda personale dell’eurodeputata. La richiesta di revoca dell’immunità era stata avanzata dal governo ungherese, che accusa Salis di lesioni gravi ai danni di militanti neonazisti e di associazione a delinquere, in relazione a eventi avvenuti a Budapest prima della sua elezione al Parlamento europeo.
Immediatamente dopo il voto, Salis ha esultato su Instagram pubblicando una foto che la ritrae in piedi nell’Aula con il pugno alzato e la didascalia “Siamo tutti antifasciste!”. In una nota successiva, l’eurodeputata ha definito la decisione “un voto per la democrazia, lo stato di diritto e l’antifascismo”, sottolineando che “questa decisione dimostra che la resistenza funziona” e che “quando rappresentanti eletti, attivisti e cittadini difendono insieme i valori democratici, le forze autoritarie possono essere affrontate e sconfitte”.
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La conferma dell’immunità segue l’indicazione della Commissione Affari Giuridici del Parlamento europeo, che il 23 settembre scorso aveva già raccomandato di mantenere la protezione parlamentare. La decisione si basava sull’esistenza di un fumus persecutionis: secondo il rapporto firmato dal presidente della commissione Ilhan Kyuchyuk, liberale bulgaro, esisterebbero “prove concrete” che l’intenzione alla base del procedimento giudiziario sia quella di “compromettere l’attività politica di Ilaria Salis nella sua qualità di deputata al Parlamento europeo”.
Un dato significativo rende ancora più eccezionale questa vicenda: dal 1991, la raccomandazione della Commissione Affari Giuridici non era mai stata messa in discussione dalla plenaria con un margine così risicato. La decisione presa martedì ha anche ribaltato il parere del relatore del dossier, l’eurodeputato spagnolo del Partito Popolare Europeo Adrián Vázquez Lázara, che si era espresso per la revoca dell’immunità.
Vázquez Lázara ha difeso la sua posizione spiegando che “l’immunità non serve a proteggere i politici dalla giustizia, ma a tutelare l’attività politica del Parlamento” e che la Commissione giuridica “non può valutare lo stato di diritto del Paese membro che chiede la revoca dell’immunità”. Pur ammettendo che “l’Ungheria non rispetta lo stato di diritto”, l’eurodeputato spagnolo ha sostenuto che “si deve contrastare Orban solo con il rispetto delle regole, non violandole come fa lui”.
Il presidente del Ppe Manfred Weber ha ribadito prima del voto che per il suo gruppo politico “è giusto revocare l’immunità a Ilaria Salis perché il suo reato è stato commesso prima del suo mandato”. Tuttavia, il voto segreto ha evidentemente permesso a diversi eurodeputati di votare secondo coscienza, discostandosi dalla linea ufficiale dei propri gruppi.
Per raggiungere la maggioranza necessaria al mantenimento dell’immunità, il centrosinistra europeo aveva infatti bisogno del sostegno di una parte dei popolari – il gruppo più numeroso del Parlamento – o della destra. Il voto segreto ha lasciato spazio a questa possibilità, consentendo a eurodeputati del Ppe (dove siede Forza Italia), dell’Ecr (con Fratelli d’Italia) e dei Patrioti (con la Lega) di votare diversamente dalle indicazioni dei propri gruppi.
Nonostante la vittoria, Salis ha voluto lanciare un avvertimento: “La lotta è tutt’altro che finita. Le minacce permangono e continuare a lottare è essenziale. Tutti gli attivisti antifascisti presi di mira per aver sfidato l’autoritarismo e le forze fasciste devono essere difesi”.