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Home » Innovazione » Scienza » Non sono uragani, non sono tempeste: il Sole sta lanciando “tornado” invisibili verso la Terra

Non sono uragani, non sono tempeste: il Sole sta lanciando “tornado” invisibili verso la Terra

Alcuni astronomi scoprono tornado solari invisibili che minacciano la Terra. Le corde di flusso sfuggono ai rilevamenti attuali e potrebbero avere effetti devastanti.
Gabriella DabbeneDi Gabriella Dabbene7 Ottobre 2025
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L'espulsione di massa coronale avvenuta durante una tempesta solare il 31 agosto 2012
L'espulsione di massa coronale avvenuta durante una tempesta solare il 31 agosto 2012 (fonte: NASA)
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Abbiamo a disposizione una serie di strumenti incredibilmente avanzati per studiare il meteo terrestre, eppure quando si tratta di monitorare il meteo spaziale potremmo non essere altrettanto preparati: gli astronomi avvertono che i nostri sistemi di rilevazione attuali presentano lacune preoccupanti, lasciandoci vulnerabili a eventi solari potenzialmente devastanti.

In uno studio pubblicato il 6 ottobre 2025 su The Astrophysical Journal, un team di ricercatori ha creato simulazioni dettagliate che rivelano un problema finora sottovalutato: dei piccoli vortici di plasma e campo magnetico provenienti dal Sole, chiamati “flux ropes” o corde di flusso magnetico, stanno sfuggendo alla portata dei nostri strumenti di rilevazione. Questi fenomeni, simili a dei tornado cosmici, potrebbero innescare eventi pericolosi come le espulsioni di massa coronale.

Le espulsioni di massa coronale, o CME, sono potenti esplosioni di plasma e campo magnetico che si originano dalla corona solare. Quando raggiungono la Terra, possono danneggiare satelliti, compromettere i sistemi GPS e, nei casi più gravi, mandare in tilt intere reti elettriche. Il rischio non è teorico: nel maggio 2024 l’ultima grande tempesta geomagnetica ha causato interruzioni nelle reti elettriche, nei satelliti, nei sistemi agricoli e nel traffico aereo. Persino le sonde spaziali della NASA, incluso il rover Curiosity su Marte, hanno subito interferenze nei loro segnali dati.

“Immaginate di poter monitorare un uragano da remoto con le misurazioni di un solo anemometro”, spiega Chip Manchester, astrofisico dell’Università del Michigan e autore principale dello studio. “Vedreste un cambiamento nelle misurazioni, ma non la struttura complessiva della tempesta. Questa è la situazione attuale con i sistemi che utilizzano un singolo veicolo spaziale. Abbiamo bisogno di punti di osservazione da più stazioni meteo spaziali.”

Le simulazioni condotte dal team hanno rivelato che queste corde di flusso magnetico, pur essendo relativamente piccole, possono avere conseguenze enormi. Di solito non sono abbastanza potenti da innescare  delle CME da soli, ma in condizioni specifiche possono rilasciare energia sufficiente da provocare esplosioni devastanti. “La nostra simulazione mostra che il campo magnetico in questi vortici può essere abbastanza forte da innescare una tempesta geomagnetica e causare seri problemi“, ha dichiarato Manchester.

Il problema principale risiede nel modo in cui monitoriamo attualmente il meteo spaziale. I venti solari scatenano tempeste geomagnetiche solo quando il campo magnetico del Sole è orientato verso sud, e i nostri sistemi di rilevazione sono calibrati proprio per intercettare questa configurazione. Le sonde sono posizionate strategicamente per misurare l’intensità e la direzione del campo magnetico solare in questo specifico orientamento.

Tuttavia, le nuove simulazioni suggeriscono che le eruzioni solari potrebbero emergere anche da campi magnetici orientati verso nord, capaci di “lanciare vortici con campi magnetici puntati verso sud in direzione della Terra”, come scrivono i ricercatori. In altre parole, potrebbe esserci un’intera categoria di minacce che non siamo in grado di vedere.

Un'immagine che evidenzia le corde di flusso magnetico durante un'espulsione di massa coronale il 19 luglio 2012
Un’immagine che evidenzia le corde di flusso magnetico durante un’espulsione di massa coronale il 19 luglio 2012 (fonte: NASA)

La soluzione proposta dal team di Manchester si chiama SWIFT, acronimo di Space Weather Investigation Frontier, una costellazione di satelliti specificamente progettata per monitorare l’attività solare da più direzioni. Il sistema sarebbe composto da quattro sonde disposte a forma di piramide, ciascuna distante circa 320.000 chilometri dall’altra. Secondo i calcoli dei ricercatori, questa configurazione potrebbe migliorare i tempi di allerta per il meteo spaziale del 40%.

L’urgenza di questi avvertimenti è amplificata dal momento particolare che stiamo attraversando. Il Sole si trova attualmente nel suo massimo solare, il periodo del suo ciclo di attività in cui diventa particolarmente turbolento e imprevedibile. Durante questa fase, le probabilità di eventi solari intensi aumentano significativamente, rendendo ancora più critica la necessità di sistemi di monitoraggio più efficaci.

Un’immagine generata al computer dallo studio mostra dove si formano i campi magnetici rotanti ai bordi di un’espulsione di massa coronale, 15 ore dopo un’eruzione solare. Queste visualizzazioni aiutano gli scienziati a comprendere la complessità dei fenomeni che si verificano sulla superficie del Sole e nello spazio circostante, fenomeni che i nostri attuali strumenti potrebbero non cogliere completamente.

Il meteo spaziale non è meno complicato di quello terrestre, anzi: è spesso più imprevedibile e potenzialmente più distruttivo per le nostre infrastrutture tecnologiche. Mentre continuiamo a dipendere sempre più da satelliti, GPS e reti elettriche interconnesse, la necessità di sistemi di allerta più sofisticati diventa non solo una questione scientifica, ma una priorità per la sicurezza globale. Gli avvertimenti di questi astronomi potrebbero rivelarsi fin troppo profetici se non agiamo per colmare le lacune nella nostra capacità di osservazione del Sole.

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