Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, quarto film della saga finisce con Indy (Harrison Ford) e Marion che convolano a nozze al cospetto del loro figlio, il giovane Indy Junior III, dopo che i tre hanno sgominato, insieme, la minaccia della dottoressa Spalko e riportato il teschio di cristallo nel tempio. Durante l’inquadratura finale del film, le porte della chiesa si aprono all’improvviso e un violento refolo di vento porta a Indy il suo iconico cappello, non prima, però, che sia passato per le mani del figlio Junior. Felici ed eccitati, gli invitati lasciano ordinatamente la chiesa al seguito del loro amico.
Nevada, 1957: la dottoressa Spalko, scienziata di punta del KGB e braccio destro di Stalin, ha rapito Indy e l’amico Mac per rintracciare un’importante cassa dall’inestimabile valore, al cui interno viene ritrovato uno strano corpo deformato. Dopo essere riuscito a scappare dai russi, l’archeologo, che a causa della disavventura con i soldati sovietici ha perso il posto all’università, riceve la visita di un giovane scavezzacollo di nome Mutt; la madre, una certa Mary, lo ha inviato da lui in aiuto di un suo vecchio amico, Oxley, rapito mentre stava riportando un prezioso manufatto, un teschio di cristallo, alla mitica città di Akator, soprannominata “città d’oro” dal popolo locale; leggenda narra infatti, che Akator fosse un avamposto di tecnologie all’avanguardia per quel tempo. I due iniziano la ricerca, e attraverso gli indizi lasciati da Oxley, giungono alla tomba del conquistador Francisco de Orellana, morto mentre alla ricerca del teschio, cinque secoli prima.
La reliquia contenuta all’interno del tumulo non è però un normale teschio, ma una struttura oblunga con strane proprietà magnetiche. All’uscita dal cimitero, Mutt e Indy vengono catturati da Spalko, che li conduce in un campo di prigionia; qui i nostri ritrovano Oxley, che perso il senno, comunica solo tramite enigmi, e soprattutto Mary; la sorpresa di Indy è grande quando si trova davanti nientemeno che Marion Ravenwood, il suo antico amore abbandonato anni prima; più tardi, la donna gli rivelerà che Mutt in realtà si chiama Indy Jr. III, ed è suo figlio. La dottoressa, intanto,, scopre le carte: il teschio non è un manufatto di origine umana, bensì di natura extraterrestre; Akator è stata fondata da popolazioni aliene, e riportare il teschio là dove dovrebbe stare conferirebbe poteri telepatici infiniti, e un’enorme mole di conoscenze.
Seguendo le criptiche indicazioni di Oxley, Indy, Marion e Mutt si dirigono in direzione della città perduta, accompagnati da Mac, che lungo la strada si rivela un agente CIA in incognito. Alle loro calcagna, gli uomini di Spalko: dopo un lungo inseguimento per le foreste dell’Amazzonia, i nostri eroi riescono a seminare il nemico e ad arrivare presso un’enorme cascata, al di là della quale si nasconde la mitica Akator. La città, apparentemente spoglia, nasconde, dietro un sofisticato sistema di leve, un vasto tempio contenente una miriade di tesori provenienti da tutte le più antiche popolazioni della civiltà; Indy, usando il teschio come chiave, riesce ad aprire la gigantesca porta rossa che conduce alla sala principale del tempio: al suo interno, assise su scranni d’oro, svettano figure di cristallo con teste simili a quella in possesso dei nostri eroi; per di più, una delle statue è senza testa. Sul posto nel frattempo, è arrivata anche Spalko, grazie all’aiuto dei segnalatori lasciati cadere da Mac lungo la strada; l’uomo, infatti, non è un agente della CIA, ma si è venduto ai russi per brama di ricchezza. La dottoressa, a sua volta bramosa di conoscenza, prende il teschio dalle mani di Indy e lo pone in cima allo scheletro decapitato. In quel momento l’edificio inizia a tremare come scosso da un terremoto, Mentre le mura crollano su se stesse, un enorme varco si apre sul soffitto, e dagli scheletri di cristallo emana una forte luce.
Spalko, che si trova esattamente al centro della stanza, assorbe attraverso i raggi di luce la saggezza delle creature; Mac, nel frattempo, intuita la mala parata, cerca di arraffare quello che può in gingilli e tesori dalla stanza accanto, ma dopo aver capito che non ha possibilità di uscire vivo, decide di lasciarsi morire in mezzo a tutto quell’oro. Nel frattempo, Spalko non riesce a sopportare l’eccessiva potenza delle informazioni ricevute dagli scheletri, che si sono fusi in un’unica creatura dall’aspetto tipicamente extraterrestre, e si dissolve in un bagliore di luce calda, morendo. I nostri, nel frattempo riescono a uscire dal tempio attraverso un cunicolo, utilizzando la forza di spinta dell’acqua. Al sicuro, osservano il tempio sgretolarsi su se stesso e assumere la forma di una navicella spaziale, che si invola verso “lo spazio tra gli spazi” come spiega Oxley a Indy. I due amici, insieme a Marion e Junior, attendono quindi l’arrivo dell’alba al cospetto dei resti del tempio, ormai quasi del tutto ricoperti dalle acque della cascata.
Un salto temporale ci porta poi in una chiesa, dove un sacerdote celebra il matrimonio tra Marion e Indy, che nel frattempo è stato reintegrato dall’Università, assumendo persino la carica di vice dell’amico rettore; al termine della cerimonia, all’improvviso le porte dell’edificio si spalancano, forzate dal vento, e il cappello di Indy volteggia in aria fino a giungere ai piedi di Junior. Il giovane lo raccoglie e fa per indossarlo, ma il padre, cingendo il braccio di Marion, glielo sfila dalle mani e, dopo averlo indossato, si dirige fuori dalla chiesa, portandosi dietro tutti gli invitati, che lo seguono ordinatamente in fila indiana.