Azzurra Campari, nata nel 1995 a Riva Ligure (Imperia) era una ragazza che l’11 agosto 2023 si è suicidata nel carcere Lorusso e Cotugno di Torino, impiccandosi. Campari si trovava in carcere dopo che una sentenza del 27 aprile l’aveva condannata a scontare due anni di pena per reati accumulati come ricettazione, danneggiamento a seguito di incendio e oltraggio a pubblico ufficiale, risalenti a circa dieci anni fa. In seguito alla sua morte, suo fratello Mirko ha parlato di lei e ha chiarito che non era una tossicodipendente, anche se in passato aveva abuto bisogno di aiuto dal Serd. Campari ha spiegato anche che sua madre Monica non ha rilasciato nessuna dichiarazione, contrariamente a quanto si legge sui media.
Azzurra Campari era originaria di Riva Ligure, un piccolo comune in provincia di Imperia, dove era cresciuta con sua madre e suo fratello. Come ha spiegato suo fratello in un post, da adolescente si era iscritta all’Ipc di Sanremo e si è ritirata al primo anno, ma poi ha conseguito il diploma di terza media all’Aesseffe di Sanremo. Secondo i media, lavorava saltuariamente collaborando come aiuto cameriera e aiuto cuoca.
“Mia sorella Azzurra non era una tossicodipendente. Mi sono chiesto come potesse essere venuta in mente questa cosa a chi l’ha scritta, poi ho pensato che probabilmente l’avessero collegata alla sua andata al Sert” – ha detto Mirko Campari, fratello della ragazza – “Beh, per chi non lo sapesse, al Sert va anche chi ha qualche problema psichico non legato all’uso di droghe o alcool, e questo è stato il caso di mia sorella. Inoltre, se davvero fosse stata una tossicodipendente avrebbe potuto scontare la pena in una comunità di riabilitazione e quindi non si sarebbe trovata in carcere”
La madre Azzurra, Monica, non ha visto la ragazza per l’ultima volta in videochiamata, come riportano i media, ma l’ha vista in presenza il 5 agosto 2023, quando è stata in visita al carcere di Torino.
L’avvocata della famiglia Campari, Marzia Balestra, ha spiegato in un’intervista a RaiNews che “Azzurra doveva essere protetta da quell’autorità che l’aveva in custodia e che la famiglia vuole che si faccia chiarezza sulla sua morte”