Cosa c’entrano le scimmie con lo yodel, una tecnica di canto che prevede rapidi e ripetuti passaggi dalla voce di petto al falsetto che solitamente associamo alla montagna? Ebbene, una ricerca pubblicata sulla rivista Philosophical Transactions of the Royal Society B ha svelato che alcune specie di primati, ovvero le scimmie delle foreste pluviali dell’America Latina, sono in grado di produrre vocalizzazioni paragonabili allo yodel umano, ma con un’estensione di frequenze decisamente superiore. Questi “ultra-yodel” non solo superano le tre ottave (mentre i cantanti umani si fermano a una), ma presentano anche bruschi salti di tono ottenuti grazie a un’anatomia vocale che l’evoluzione ha modificato nel corso del tempo.
Le protagoniste dello studio internazionale sono l’alouatta caraya (scimmie urlatrici, sic.), il cebo dal cappuccio nero (Sapajus apella), la scimmia scoiattolo (Saimiri boliviensis) e la scimmia ragno peruviana(ateles chamek). Tutte appartengono ai cosiddetti primati del Nuovo Mondo, distribuiti tra Messico e Argentina, e si distinguono per un elemento anatomico assente nell’essere umano: sottili membrane vocali collocate sopra le corde vocali.

Grazie a queste membrane, le scimmie riescono a interrompere improvvisamente la produzione vocale con passaggi rapidi tra le corde vocali e le stesse membrane, generando quelle rotture di voce tipiche dello yodel. Secondo i ricercatori, si tratta di un processo principalmente meccanico, che non richiede un controllo neurale avanzato come quello necessario per il linguaggio umano. Tuttavia, il risultato è un repertorio vocale sorprendentemente ricco e variegato.
I ricercatori delle università inglese di Anglia Ruskin, Vienna, degli atenei giapponesi di Osaka e Ritsumeikan, della KTH di Stoccolma e del santuario La Senda Verde in Bolivia hanno utilizzato una combinazione di metodologie. Hanno effettuato tomografie computerizzate su laringi espiantate, simulazioni al computer e registrazioni acustiche dal vivo. Le osservazioni si sono concentrate sul modo in cui le scimmie modulano le frequenze e sfruttano l’anatomia laringea per comunicare.
Secondo gli autori dello studio, è probabile che le variazioni vocali abbiano una funzione evolutiva ben precisa. In contesti sociali complessi, come quelli dei primati, le capacità vocali possono aiutare a catturare l’attenzione, distinguersi all’interno del gruppo, o trasmettere messaggi specifici.
Il dato più sorprendente è che, sebbene gli umani siano in grado di cantare in modo controllato e stabile, le scimmie hanno mantenuto una maggiore flessibilità sonora. Questo suggerisce che l’evoluzione ha sacrificato l’estensione e la variabilità per favorire la stabilità necessaria al linguaggio articolato.
In altre parole, gli esseri umani hanno perduto l’acrobatismo vocale ma solo perché la loro voce era destinata a produzioni linguistiche più complesse.