Le api sono insetti fondamentali per l’ecosistema, ma una delle loro caratteristiche più note è il fatto che, in alcuni casi, muoiono dopo aver punto. Questo fenomeno, che riguarda principalmente le api operaie della specie Apis mellifera, ha una spiegazione biologica precisa legata alla loro anatomia e al loro comportamento difensivo. Il pungiglione delle api operaie è seghettato, il che significa che, una volta penetrato nella pelle di un mammifero o di un essere umano, rimane incastrato nei tessuti. Nel tentativo di ritirarlo, l’ape subisce una lacerazione che porta alla separazione di una parte dell’addome, compresi organi vitali come l’apparato digerente e la ghiandola velenifera. Questo danno irreversibile causa rapidamente la morte dell’insetto.

Le api operaie non sono individui solitari, ma fanno parte di una colonia in cui il benessere del gruppo prevale sulla vita del singolo. Il loro pungiglione serve principalmente a difendere l’alveare da predatori di grandi dimensioni, come mammiferi e uccelli. Il veleno iniettato ha lo scopo di scoraggiare l’aggressore, mentre il sacrificio dell’ape segnala il pericolo alle compagne grazie ai feromoni rilasciati con la puntura. Questo comportamento collettivo aiuta a proteggere la regina e le future generazioni.
A differenza di quanto avviene con i mammiferi, se un’ape punge un altro insetto il suo pungiglione non si incastra e può essere ritirato senza conseguenze fatali. Ciò avviene perché la pelle degli insetti è più sottile e meno elastica rispetto a quella dei vertebrati, permettendo all’ape di attaccare senza morire.
Le api regine, ad esempio, possiedono un pungiglione liscio, privo di dentellature, e possono pungere ripetutamente senza subire danni. Tuttavia, la regina raramente utilizza il suo pungiglione contro predatori esterni, impiegandolo invece nei combattimenti con altre regine rivali per il dominio dell’alveare.