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Home » Ambiente » Dal cuore di ghiaccio dell’Antartide, una fuga invisibile che potrebbe scatenare il caos climatico

Dal cuore di ghiaccio dell’Antartide, una fuga invisibile che potrebbe scatenare il caos climatico

Scoperte oltre 40 perdite di metano sotto i ghiacci dell'Antartide. Il gas serra potrebbe accelerare il riscaldamento globale e riscrivere le previsioni climatiche.
Gabriella DabbeneDi Gabriella Dabbene10 Ottobre 2025
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Un sommozzatore monitora una perdita di metano a Capo Evans, in Antartide
Un sommozzatore monitora una perdita di metano a Capo Evans, in Antartide (fonte: Leigh Tate, Earth Sciences New Zealand)
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Una scoperta allarmante sta emergendo dal fondale marino dell’Antartide: il metano, gas serra estremamente potente, fuoriesce dalle fratture del suolo oceanico a un ritmo che ha sorpreso la comunità scientifica internazionale. Secondo uno studio pubblicato su Nature Communications, sono state identificate oltre 40 perdite di metano nelle acque poco profonde del Mare di Ross, una baia nell’Oceano Antartico meridionale.

La scoperta è particolarmente preoccupante perché molte di queste perdite sono state trovate in siti che erano stati studiati ripetutamente in passato, il che suggerisce che si tratti di fenomeni recenti. Come ha spiegato Sarah Seabrook, autrice dello studio e oceanografa presso Earth Sciences New Zealand, qualcosa che si pensava fosse un fenomeno raro sta diventando apparentemente diffuso. Questa scoperta ha generato nel team un entusiasmo immediato, subito sostituito da ansia e preoccupazione.

Il metano rappresenta una minaccia climatica significativa: nei suoi primi 20 anni nell’atmosfera questo gas intrappola circa 80 volte più calore dell’anidride carbonica. Ci sono enormi quantità di metano che giacciono in riserve sotterranee formatesi nel corso di millenni sotto i fondali marini di tutto il mondo, spesso sotto forma di idrati di metano, strutture cristalline solide che si formano in condizioni di bassa temperatura e alta pressione.

Il team internazionale di ricercatori ha monitorato diversi siti nel Mare di Ross, a profondità comprese tra 5 e 240 metri. Le perdite si manifestano con flussi di bolle che risalgono dalle fessure del fondale marino verso la superficie oceanica, un fenomeno visivamente impressionante che i ricercatori hanno potuto documentare direttamente.

Una spedizione recente condotta dall’Institut de Ciències del Mar e dall’Istituto Geologico e Minerario Spagnolo nella Penisola Antartica, nell’ambito del progetto ICEFLAME, ha confermato per la prima volta che grandi quantità di metano vengono rilasciate in stato gassoso dal fondale marino in cui si trovano gli idrati di metano. Come ha dichiarato il dottor Roger Urgeles, scienziato principale della missione, si conosceva già l’esistenza di idrati di metano solidi sotto i margini continentali della Penisola Antartica, ma grazie a questo studio è stata confermata l’ipotesi della loro dissociazione gassosa.

Il timore principale è che queste perdite possano trasferire rapidamente il metano nell’atmosfera, diventando una fonte di inquinamento da gas serra che attualmente non è considerata nelle previsioni sui cambiamenti climatici futuri. Questo potrebbe indicare un cambiamento fondamentale nel rilascio di metano nella regione, con potenziali conseguenze a catena sulla vita marina e sul clima globale.

Non è ancora chiaro perché le perdite di metano stiano avvenendo in questa regione, ma i ricercatori stanno cercando di capire se possano essere state influenzate dai cambiamenti climatici. All’altro capo del mondo, nell’Artico, l’aumento del rilascio sotterraneo di metano è stato collegato all’impatto dei cambiamenti climatici, tra cui l’aumento delle temperature, le variazioni del livello del mare e il continuo, lento sollevamento della terra dopo lo scioglimento dei ghiacciai dell’ultima era glaciale.

Questo fenomeno può creare un pericoloso ciclo di feedback: il cambiamento climatico aumenta le perdite di metano, che a loro volta accelerano ulteriormente il cambiamento climatico. Dal momento dell’ultimo massimo glaciale, circa 20.000 anni fa, la massa di ghiaccio sul continente antartico si è ridotta, e ultimamente lo ha fatto a un ritmo molto più veloce a causa del riscaldamento globale. Con la diminuzione del peso, il continente si solleva e la pressione sugli idrati di metano diminuisce, facilitando potenzialmente il loro rilascio.

Il fondale marino nei pressi del canale McMurdo, in Antartide
Il fondale marino nei pressi del canale McMurdo, in Antartide (fonte: Andrew Thurber/Oregon State University)

Le perdite di metano sono relativamente comuni a livello globale, ma in precedenza c’era solo una perdita attiva confermata in Antartide. Sono ancora tanti gli interrogativi senza risposta su queste fuoriuscite subacquee: come funzionano, quante ce ne sono e quanto metano raggiunge l’atmosfera rispetto a quanto viene consumato dai microbi che vivono in fondo all’oceano e se ne nutrono.

I ricercatori stanno ora analizzando in laboratorio i campioni di sedimenti, acqua e gas raccolti per saperne di più sugli idrati, modellare il loro sviluppo e valutarne la stabilità futura. Il team sta anche studiando le comunità microbiche nell’area circostante le perdite, che utilizzano il gas serra come fonte di energia convertendolo in anidride carbonica, meno dannosa dal punto di vista climatico.

Come ha sottolineato Andrew Thurber, professore di biologia marina presso l’Università della California, Santa Barbara e coautore dello studio, il metano è una vera incognita. Una delle preoccupazioni più significative riguarda proprio ciò che sta accadendo in Antartide, dove ci sono vaste riserve di metano. Se gli esseri umani continueranno a far riscaldare il pianeta, queste perdite potrebbero passare da un laboratorio naturale a un epicentro di pericolo.

Gli scienziati torneranno in Antartide nelle prossime settimane al fine di analizzare le perdite in modo più dettagliato. Comprendere in che misura le comunità microbiche rispondono ai cambiamenti nelle concentrazioni di metano potrebbe fornire preziose informazioni sulla stabilità degli ecosistemi marini in un mondo che si sta riscaldando.

Il dottor Urgeles ha sottolineato che è ancora troppo presto per determinare l’origine esatta delle emissioni e il collegamento con i cambiamenti climatici causati dall’uomo. Anche le speculazioni su scenari catastrofici di frane sottomarine e tsunami in Antartide sono considerate premature dal team di ricerca. Tuttavia, la scoperta rappresenta un tassello fondamentale per comprendere i meccanismi che potrebbero influenzare il futuro del nostro clima, aprendo nuove domande sulla capacità dei modelli attuali di prevedere accuratamente il riscaldamento globale.

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