In un angolo remoto dell’Oceano Antartico, a oltre 4.000 chilometri dall’Australia continentale, nazione che le amministra, e a più di 1.000 dall’Antartide, si trovano le isole Heard e McDonald. Territori vulcanici inospitali e spettacolari, sono considerati uno degli ambienti più incontaminati del pianeta. Non vi risiede alcun essere umano, ma ospitano grandi colonie di pinguini reali, macaroni e foche antartiche, oltre a numerose specie di uccelli marini. L’ambiente è dominato da ghiacciai attivi e da un vulcano ancora in attività, che fa parte del massiccio montuoso del Big Ben. Insomma, nessuna attività industriale, nessun porto, nessuna base permanente. Almeno, dal 1877, anno in cui terminò ufficialmente il commercio dell’olio di elefante marino. Solo occasionali spedizioni scientifiche, insomma, e un ecosistema sub-antartico protetto e classificato come Patrimonio dell’Umanità UNESCO.
Eppure, queste isole sperdute sono state coinvolte, in modo paradossale, in una vicenda di politica commerciale internazionale. Donald Trump, infatti, ha imposto i dazi anche a queste due isole che sono un territorio senza produzione né export. L’inserimento è riconducibile con ogni probabilità al funzionamento della nomenclatura doganale internazionale, che include anche territori remoti per motivi di coerenza normativa, indipendentemente dalla loro effettiva rilevanza commerciale.
Dal punto di vista ecologico, le isole rappresentano un laboratorio naturale di valore straordinario. I ghiacciai che si estendono fino al mare, i vulcani attivi e l’assenza di specie invasive consentono agli scienziati di studiare processi ambientali in condizioni quasi primitive. L’accesso è rigidamente regolamentato dal governo australiano, proprio per evitare ogni forma di alterazione dell’ecosistema.
La vicenda dei dazi ha generato attenzione mediatica più per l’assurdità della situazione che per l’impatto economico. Tuttavia, ha posto un interrogativo concreto: può un algoritmo doganale “colpire” anche territori senza economia, senza abitanti e senza relazioni commerciali? La risposta, evidentemente, è sì.
E il destino di queste due isolette è stato condiviso anche da altri territori “particolari”. Come le isole Cocos (sempre legate all’Australia), dove vivono 600 persone. E tre atolli corallini di Tokelau, un territorio autonomo della Nuova Zelanda da circa 1600 abitanti che si trova nel Pacifico meridionale. Nella rete dei dazi sono finite anche l’isola di Norfolk, sempre dipendente dall’Australia, l’isola norvegese di Jan Mayen, situata al limite tra l’Oceano Atlantico e il Mar Glaciale Artico. E l’arcipelago di Saint Pierre e Miquelon, territorio sotto giurisdizione francese al largo della costa canadese del Newfoundland.
