L’orientamento politico di Alexei Navalny, pur se di difficile definizione e collocazione, è sempre stato vicino a idee conservatrici, con punte di xenofobia e razzismo; Navalny, nato nel 1976, dopo una prima carriera come avvocato, inizia a svolgere politica militante, agli albori del terzo millennio nelle file del partito social – liberale Jabloko, di cui è membro (nella sezione di Mosca) fino al 2007, quando ne viene espulso, a causa di alcune posizioni controverse, come ad esempio l’appoggio alla “Marcia Russa”, una manifestazione popolare con connotati xenofobi e neonazisti; lo stesso anno Navalny avrebbe messo le sue posizioni ultranazionaliste al centro del suo nuovo progetto politico, Narod (Popolo), che nel 2008 sarebbe entrato far parte di una coalizione conservatrice, il Movimento Nazionale Russo.
A partire dal 2009, Navalny cominciò a svolgere indagini sempre più accurate sugli endemici problemi di corruzione che affliggevano la Russia, anche nei suoi esponenti di governo, entrando così per la prima volta in conflitto col presidente Vladimir Putin, di cui sarebbe divenuto il maggior oppositore, pur senza aver mai sviluppato una reale credibilità politica; nel 2011, anno delle elezioni, partecipò a una manifestazione nazionale di protesta candidatosi alle comunali di Mosca nel 2013, ottenne solo il 27% dei voti; la sua successiva candidatura alle presidenziali nel 2016, fu annullata a causa di una condanna pendente per appropriazione indebita (secondo quanto dichiarato da molte fonti occidentali, si sarebbe trattato di una mossa di Putin per screditare l’avversario)
Negli anni, intanto, l’attivismo di Navalny si sarebbe concentrato sempre di più sulla lotta alla corruzione sistematica, con la fondazione, nel 2011, della FKB (Fondazione anticorruzione), un’organizzazione no profit che si proponeva di indagare su vari politici e oligarchi russi, esponendone le malefatte.
Negli ultimi tempi, prima dell’avvelenamento e dell’incarcerazione, Navalny si proponeva sempre di più, soprattutto al mondo occidentale, semplicemente come oppositore al regime di Putin, considerato alla stregua di una dittatura, e le posizioni xenofobe degli inizi, allorché Navalny definiva alcuni indipendentisti del Caucaso “degli scarafaggi”, oltre ad aver apostrofato, ai tempi di Jabloko, una collega di partito, di nazionalità armena, “culo nero”, rimanevano sostanzialmente sconosciute ai più.