La Cgil torna a incrociare le braccia. Fulvio Fammoni, presidente dell’assemblea generale del sindacato, ha annunciato oggi a Firenze che lo sciopero generale è stato proclamato per il 12 dicembre. Una data che ha immediatamente scatenato polemiche politiche, cadendo di venerdì e aprendo al sospetto di un weekend lungo sindacale.
Christian Ferrari, della segreteria nazionale, ha spiegato che le ragioni per proclamare lo sciopero sono molteplici e riguardano principalmente la legge di bilancio, definita dal sindacato ingiusta e sbagliata. Secondo la Cgil, infatti, la manovra premia i più ricchi anziché i più poveri, incentiva le diseguaglianze e prevede una crescita sostanzialmente zero per il Paese. La reazione della premier Giorgia Meloni non si è fatta attendere. Con una faccina perplessa sui social, ha commentato sarcasticamente:
Nuovo sciopero generale della Cgil contro il Governo annunciato dal segretario generale Landini. In quale giorno della settimana cadrà il 12 dicembre?
Nuovo sciopero generale della CGIL contro il Governo annunciato dal segretario generale Landini.
In quale giorno della settimana cadrà il 12 dicembre? 🤔— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) November 7, 2025
Un riferimento al fatto che la mobilitazione cada di venerdì, lo stesso tipo di ironia utilizzata dalla presidente del Consiglio a ottobre per lo sciopero su Gaza, quando aveva affermato che il weekend lungo e la rivoluzione non stanno insieme. Esattamente come non è opportuno che un rappresentante di governo accompagni un criminale di guerra con volo di Stato. Ma, evidentemente, questa è tutta un’altra storia

All’ironia della Meloni si aggiunge anche quella di Salvini. Peccato che il suo invito a rinunciare al fine settimana lungo in virtù di un altro giorno della settimana non solo denoti una evidente ignoranza riguardo gli oneri e le rinunce economiche dei singoli per sostenere una giornata di protesta, ma non riesce nemmeno nel tentativo di essere vagamente incisivo.
Andando oltre tutto questo, però, il segretario generale Maurizio Landini ha chiuso l’assemblea generale ribadendo con forza le motivazioni della mobilitazione.
La manovra è ingiusta e sbagliata e la vogliamo cambiare. L’emergenza in questo momento è il salario, va aumentato.
Il leader della Cgil chiede, inoltre, risorse aggiuntive affinché il rinnovo dei contratti dei pubblici dipendenti sia una cosa seria e non una mancia, una detassazione per tutti i contratti senza tetti di reddito e la restituzione del fiscal drag.
Su quest’ultimo punto, Landini ha lanciato un’accusa pesante dichiarando che, dipendenti e pensionati, in questi ultimi tre anni hanno pagato 25 miliardi di tasse in più che non dovevano sostenere. Il segretario ha poi puntato il dito contro i tagli alla sanità pubblica e la mancanza di investimenti nei servizi essenziali.
Bisogna investire sulla sanità pubblica. Ci sono sei milioni di persone che non si possono curare e liste di attesa che non finiscono più.
Ma è sul tema pensioni che il leader della Cgil ha pronunciato la frase più paradossale e provocatoria dell’intero intervento:
Chi ha vinto le elezioni aveva raccontato agli italiani che se governavano loro ci saremmo scordati la legge Fornero. In realtà siamo nelle condizioni di chiedere: ridateci la Fornero. Sono riusciti a fare cassa di nuovo sulle pensioni.
Landini, poi, ha ricordato che l’Italia è il Paese con l’età pensionabile più alta d’Europa e che tutte le uscite di flessibilità avviate sono state cancellate. E, per ultima, è stata toccata anche la questione della spesa militare:
Abbiamo un’unica spesa pubblica che aumenta, quella per le armi. E questo anche se siamo in recessione, non mettono un euro per rilanciare investimenti pubblici e privati.
In sostanza sembra che tutta la manovra sia stata costruita per restare sotto il 3% del deficit e poter accedere ai prestiti europei da destinare agli armamenti.
L’Italia si è impegnata a portare la spesa per gli armamenti al 5%, vuol dire investire in armi 900 miliardi nei prossimi dieci anni. Una follia che va fermata.
Landini ha concluso affermando che la sicurezza e la pace non si costruiscono armandosi ma con la giustizia sociale, il lavoro e impedendo ai giovani di lasciare il Paese a causa della precarietà.



