Vincenzo Nocerino e Vida Shahvalad erano i due giovani fidanzati morti la notte del 15 marzo 2024 in un box a Secondigliano, nella periferia nord di Napoli, molto probabilmente a causa delle emissioni di monossido di carbonio. Vincenzo era nato nel 1999 ed era un webdesigner, ma aiutava anche suo padre Alfredo Nocerino, co-titolare di una pizzeria a Fuorigrotta. Era figlio unico e Alfredo lo aveva cresciuto da solo, dopo la morte di sua mamma. Vida invece era nata nel 2004 in Iran, ma viveva in Italia per ragioni di studio. I due stavano insieme da poco e avevano iniziato a fare dei progetti. Avevano trascorso l’ultimo venerdì sera della loro vita con gli amici, per poi decidere di appartarsi nel box di Vincenzo. Avranno acceso la macchina per scaldarsi, senza rendersi conto che il monossido di carbonio di lì a poco li avrebbe uccisi.
Il primo a trovare i due ragazzi privi di vita, intorno alle 9.30 del mattino, è stato proprio il padre di Vincenzo, che non vedendolo tornare, aveva iniziato a cercarlo. Nel box di famiglia, nella loro abitazione in Via Fosso del Lupo, Vincenzo e VIda erano all’interno dell’auto rossa del padre di Vincenzo, spogliati e sdraiti. Il papà del ragazzo ha provato a rianimarli e ha chiamato il 118, ma non c’era più nulla da fare. Alfredo, scioccato e devastato, è stato il primo a parlare con gli inquirenti, per aiutarli a ricostruire cosa potesse essere successo.
Appena la notizia si è diffusa, molti hanno pensato ad un delitto di camorra – Secondigliano è una zona segnata da sanguinose faide di camorra e traffici di stupefacenti – o a un doppio suicidio, due ipotesi che sono state escluse dalle indagini immediatamente successive alla morte dei due ragazzi. Vincenzo era incensurato ed era conosciuto dagli abitanti del quartiere e dagli amici come un ragazzo solare e sempre disponibile ad aiutare la famiglia. Vida Shahvalad invece era in Italia per studiare e costruirsi un futuro. Inizialmente i giornali non hanno fornito le generalità di lei, perché aspettavano che gli inquirenti potessero avvisare i suoi familiari in Iran.
Il monossido di carbonio, è un gas inodore, insapore e incolore – quindi non è facilmente individuabile, in situazioni di emergenza, ma soprattutto è un’emotossina in grado di ostacolare il trasporto di ossigeno nel sangue. Le vittime da avvelenamento di CO perdono i sensi e, se si trovano in un ambiente ristretto e chiuso, come un box, muoiono senza neanche accorgersene nel giro di pochi minuti. Simili incidenti possono capitare anche laddove si brucia legna, pellet o carbone e non ci sia una via di uscita per i gas prodotti.