La Thailandia ha chiuso completamente il confine con la Cambogia dopo che un colpo di artiglieria cambogiana ha ucciso un civile thailandese e ferito tre persone, tra cui un bambino di cinque anni. In risposta, sei jet F-16 thailandesi hanno effettuato attacchi aerei contro obiettivi militari cambogiani, segnando una drammatica escalation delle tensioni tra i due paesi del Sud-Est asiatico. Si tratta della recrudescenza di un conflitto atavico. La disputa territoriale tra Cambogia e Thailandia esiste da oltre un secolo e risale a una mappa del 1907 tracciata dalla Francia coloniale. I due paesi condividono un confine di circa 820 chilometri, con diverse aree ancora oggi contestate. Le tensioni attuali si sono riaccese dopo che, nel mese di aprile, le truppe cambogiane hanno fatto irruzione nell’area di Chong Bok, nella provincia thailandese di Ubon Ratchathani, costruendo una base militare.
Il punto di svolta è avvenuto il 28 maggio, quando i soldati cambogiani e thailandesi hanno iniziato a spararsi contro dalle postazioni dove erano stanziati sul confine, e un soldato cambogiano è stato ucciso. L’area coinvolta, chiamata dai thailandesi “Triangolo di Smeraldo”, è un piccolo territorio verde dove si incontrano Thailandia, Cambogia e Laos.

Entrambi i governi hanno attuato misure di rappresaglia che stanno danneggiando i rapporti bilaterali. La Thailandia ha imposto restrizioni alle frontiere con la Cambogia, limitando gli orari di attraversamento del confine e vietando ai cittadini thailandesi di visitare Poipet, una città cambogiana che vive principalmente sui casinò frequentati da turisti thailandesi.
Dal canto suo, la Cambogia ha vietato i film thailandesi in TV e nei cinema, ha chiuso un varco alla frontiera e si è progressivamente staccata dalle forniture di internet ed energia che arrivavano dalla Thailandia. Martedì ha anche bloccato l’esportazione di frutta e verdura verso la Thailandia.
La Cambogia ha chiesto formalmente alla Corte internazionale di giustizia di stabilire l’appartenenza territoriale di quattro aree contese, tra cui quella dove sono avvenuti gli scontri di maggio. La Thailandia non riconosce la giurisdizione della Corte e ritiene che questa non possa decidere sui territori contesi.
Non è la prima volta che i due paesi si rivolgono al tribunale internazionale: nel 1962 la Corte aveva già stabilito che il tempio indù Preah Vihear apparteneva alla Cambogia, una decisione che aveva contribuito a placare le tensioni per diversi decenni.