In questi giorni si parla molto di febbre emorragica di Crimea-Congo (CCHF) una malattia causata da un virus trasmesso dalle zecche, soprattutto quelle del genere Hyalomma. La trasmissione all’uomo avviene attraverso un morso o ilcontatto dei fluidi della zecca oppure attraverso contatto diretto con sangue, fluidi corporei o tessuti di animali (anche durante la macellazione) e umani infetti. Il tasso di mortalità è del 40% e al momento non esiste un vaccino. Si chiama così perché fu descritta per la prima volta in Crimea nel ’44. Successivamente, nel ’69, si scoprì che il patogeno che aveva causato la febbre emorragica in Crimea, era lo stesso virus che aveva colpito un bambino in Congo, qualche anno dopo.
Il periodo di incubazione va da uno a tre giorni, con un massimo di nove giorni. Come scrive l’organizzazione mondiale della sanità, la malattia presenta sintomi variabili. Nelle sue fasi iniziali è non è facile distinguerla da altre malattie febbrili. La malattia inizia con febbre, cefalea, fotofobia e bruciore agli occhi, dolore e rigidità del collo, vertigini, dolori articolari e lombari, inappetenza e brividi. In questa fase possono verificarsi anche nausea, vomito, diarrea, mal di gola, dolori addominali, fegato ingrossato. L’infezione ha anche un impatto a livello psicologico, con confusione sbalzi di umore.
Dal secondo al quarto giorno possono insorgere ulteriori sintomi come sonnolenza, spossatezza, depressione, rash petecchiale, esantemi emorragici sul palato molle e sulla faringe (cioè, vistose eruzioni cutanee caratterizzate da macchie rosso scuro) congiuntiviti, arrossamenti e ingrossamento del fegato. La malattia prosegue con emorragie dal naso, dalle gengive, dall’utero, dall’intestino, dai polmoni, grandi ematomi ed ecchimosi. Dal quinto al quindicesimo giorno può verificarsi il decesso del paziente.
Dopo la pandemia globale da Coronavirus ogni nuovo allarme sanitario desta preoccupazione e in questo momento la febbre emorragica di Crimea-Congo è al centro dell’attenzione mediatica, soprattutto in relazione ai cambiamenti climatici, che ne favorirebbero la diffusione.