A Roma è iniziato il processo per il femminicidio di Ilaria Sula, la studentessa di 22 anni uccisa lo scorso marzo dall’ex fidanzato Mark Samson. Nella prima udienza presso la prima sezione della Corte d’Assise, l’aula ha offerto un’immagine carica di significato: da una parte i genitori della vittima, che indossavano una maglietta bianca con il volto di Ilaria, dall’altra, nel gabbiotto degli imputati detenuti, il 24enne reo confesso dell’omicidio.
Alle spalle dei familiari, decine di persone hanno voluto essere presenti per chiedere giustizia: studentesse e studenti della Sapienza, colleghi di studi della giovane, amici di università che sia la vittima che l’omicida frequentavano. Molti di loro hanno scelto di indossare la stessa maglietta con il volto di Ilaria, trasformando l’aula in un luogo di memoria collettiva prima ancora che di giustizia.

Mark Samson è accusato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dalla relazione affettiva, oltre che di occultamento di cadavere. Quest’ultimo reato lo vede imputato in concorso con la madre, che viene processata separatamente con rito ordinario. Durante l’udienza, il giovane è rimasto a lungo piegato in avanti da seduto, quasi a rannicchiarsi, indossando jeans grigio e blusa nera.
La ricostruzione dei fatti emerge dalle indagini della procura, che aveva raccolto prove sufficienti già prima della confessione dell’imputato, dopo una settimana di bugie e depistaggi. Ilaria Sula, di famiglia albanese residente da anni a Terni, si era recata nell’appartamento di via Homs, nel quartiere Africano di Roma, dove l’ormai ex fidanzato le aveva chiesto di passare per scambiarsi degli oggetti personali.
Dopo aver trascorso la notte nell’appartamento, la mattina seguente la studentessa viene aggredita, tramortita e poi uccisa con tre coltellate al collo. Successivamente, Samson ha caricato il corpo in una valigia, lo ha coperto con dei sacchi neri e l’ha abbandonato in un dirupo nella zona di Capranica Prenestina, tentando di simulare una scomparsa volontaria.
Nel corso della prima udienza, l’università Sapienza ha chiesto di costituirsi parte civile. A rappresentare l’ateneo dove entrambi studiavano è l’avvocato Roberto Borgogno, che ha sottolineato un dettaglio significativo:
Ilaria aveva manifestato grande impegno e interesse negli studi, mentre l’imputato no. Proprio la scoperta che l’imputato fingeva di aver conseguito esami è stato uno dei motivi dell’assurda uccisione.
Tra le altre richieste di costituzione di parte civile figurano anche le associazioni Penelope Lazio, Associazione italiana vittime vulnerabili e Insieme a Marianna per il contrasto alla violenza sulle donne. La Corte scioglierà la riserva su queste richieste alla prossima udienza, fissata per il 9 dicembre.
La procura, poi, ha optato per il processo immediato, saltando la fase preliminare dell’udienza predibattimentale, proprio in virtù della solidità delle prove raccolte e della confessione dell’imputato. La scelta permette di accelerare i tempi della giustizia in un caso che ha scosso profondamente l’opinione pubblica e la comunità universitaria romana.
Per quanto riguarda i genitori di Ilaria, questi hanno espresso più volte il loro dolore inconsolabile, sottolineando come sia straziante sapere che l’assassino della figlia continua la sua vita in carcere, dove secondo loro avrebbe persino stretto amicizie, mentre Ilaria non c’è più. La loro presenza in aula, con quella maglietta che porta il volto della figlia, rappresenta una forma silenziosa ma potente di richiesta di giustizia e di memoria.



