Nelle ultime ore la bresaola della Valtellina, un salume stagionato ottenuto da carne di manzo magra, salata e speziata, è finita al centro di una strategia diplomatica per evitare i dazi americani: l’idea del ministro Lollobrigida di utilizzare la specialità gastronomica italiana come “cavallo di Troia” commerciale ha catturato l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica. Ma cosa c’è dietro questa proposta apparentemente bizzarra? La questione nasce dalla scadenza imminente della “tregua commerciale” tra Stati Uniti e Unione europea, con Donald Trump che minaccia dazi al 17% su tutti i prodotti agricoli europei. Una percentuale che avrebbe un impatto significativo sulle imprese agricole italiane, considerando che l’Italia esporta circa 8 miliardi di euro di prodotti agroalimentari verso gli USA, mentre importa solo 1,7 miliardi.
Questo sbilanciamento commerciale, secondo il ministro Lollobrigida, “li mette in sofferenza e li induce a ricorrere a una scelta tariffaria che non condividiamo ma che comprendiamo”. Ed ecco la soluzione, proposta dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida durante il Forum in Masseria di Manduria: importare carne ormonata (ovvero trattata con ormoni) dagli Stati Uniti per produrre bresaola destinata esclusivamente al mercato americano, secondo le loro regole alimentari.

Come spiegato dal ministro: “Nel caso della bresaola, importiamo il 90% di carne per produrla. Se la importiamo dagli Stati Uniti, la possiamo poi produrre per il loro mercato secondo il loro modello alimentare“. Il ragionamento è che questo sistema di “importazioni vincolate” potrebbe convincere Washington ad abbandonare l’ipotesi di dazi sui prodotti agricoli europei.
Attualmente, le importazioni di carne dagli Stati Uniti sono frenate dai regolamenti europei, che vietano l’ingresso nel mercato di carne sottoposta a trattamenti ormonali. La proposta di Lollobrigida aggirerebbe questo ostacolo attraverso accordi bilaterali specifici, mantenendo il prodotto fuori dal mercato europeo ma utilizzandola per prodotti destinati al mercato americano.
Tuttavia, come sottolineato dal presidente del Consorzio di tutela della Bresaola della Valtellina, Mario Moro: “Ad oggi la bresaola non è ancora esportabile negli Stati Uniti a prescindere dalla materia prima, per cui il tema non si pone“.
Le reazioni degli operatori del settore sono pragmatiche. Claudio Palladi, presidente del Distretto agroalimentare di qualità della Valtellina e amministratore delegato della Rigamonti, ha dichiarato: “Se ci risolvono il tema dei dazi in importazione dall’extra Europa, perché non pensare alla materia prima statunitense? Tanto di carne europea ce n’è poca“.



