Tommaso Cerno, direttore del quotidiano Il Tempo (notoriamente conservatore) e figura complessa del giornalismo italiano, si racconta in un’intervista al Corriere della Sera con una confessione che non lascia indifferenti. Tra i ricordi della carriera e le battaglie politiche, emerge un episodio traumatico della sua infanzia che Cerno ha però dipinto in maniera inusuale (e sconvolgente). Interrogato sulla sua prima esperienza sessuale, Cerno risponde senza filtri:
“A 11 anni con un prete. Non ho mai capito se volevo o non volevo. Fu sicuramente una violenza, ma a 11 anni non ne sei consapevole. Però mi piacque, quindi non so cosa pensare di quel prete“.
La carriera giornalistica di Cerno è iniziata precocemente, con una passione mostrata fin dall’infanzia. “A 4 anni prendevo le cassette di legno della frutta, le mettevo in giardino e facevo il telegiornale là dietro”, racconta. Ha fondato giornali alle medie e al liceo, e la sua prima intervista professionale fu ad Aldo Busi, quando aveva solo 14 anni. L’occasione per pubblicare il primo articolo su una testata arrivò nel 1992 al Gazzettino, durante l’occupazione del liceo scientifico Marinelli di Udine.
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La svolta della sua carriera fu legata al caso Eluana Englaro, che seguì per il Messaggero Veneto. “Moderai una conferenza con Beppino Englaro e rimasi affascinato dalla sua storia”, spiega Cerno. Fu lui a presentare a Englaro l’avvocato Giuseppe Campeis, avviando il percorso che portò Eluana in Friuli Venezia Giulia, quando le regioni rosse si erano rifiutate di accoglierla. “Una cartomante mi disse che la mia vita sarebbe cambiata grazie a due donne: impossibile, per un frocio come me. E invece una era Eluana“, ricorda con ironia.
L’attenzione sul caso Englaro attirò l’interesse di Daniela Hamaui, direttrice dell’Espresso, che lo convocò ponendogli una domanda cruciale: “Nella battaglia per Eluana Englaro hai preso una parte. Secondo te hai fatto bene il giornalista o no?“. La risposta di Cerno fu netta: aveva scelto di dare voce all’unica persona che non l’aveva da 17 anni. “Mi assunse, neanche sapevo che fosse un colloquio di lavoro“.
Il percorso all’Espresso fu seguito da una breve e tormentata esperienza come condirettore di Repubblica accanto a Mario Calabresi. “All’inizio si era parlato di direzione. Poi, con la scusa di un mio articolo che non gli era piaciuto, venne ridimensionata. Io ero talmente pieno di me, che anziché rifiutare, dissi di sì“, ammette. L’esperienza durò solo tre mesi, lasciando il posto alla candidatura con Matteo Renzi alle Politiche del 2018.
In parlamento, da senatore gay, Cerno contribuì ad affossare il Ddl Zan, scatenando polemiche nella comunità LGBTQ. La sua giustificazione: “C’era la possibilità di far passare l’unica parte essenziale, cioè quella che avrebbe aggiunto alla legge Mancino gli LGBQ. Ma invece loro hanno rifiutato la mediazione della Bernini e hanno voluto a tutti i costi aggiungere una parte più ideologica su cui un parlamento ci mette anni a legiferare“.
Nel 2022 il nome di Cerno, non come indagato, emerse nell’inchiesta sulla droga che coinvolse la sorella di Ornella Muti. Si scrisse che la cocaina era stata consegnata quattro volte a casa sua. Cerno accusò un suo ex, che lo smentì. “Quella inchiesta è stata un agguato, gli stessi inquirenti si scusarono. Nel palazzo dove vivevo abitavano altri parlamentari del Pd. Me li ricordo: il giorno prima che i giornali ne scrivessero, ridacchiando mi avevano chiesto come andavano le mie notti romane. Non faccio i loro nomi perché mi fanno pena“, dichiara.
A dicembre 2022 Cerno ha sposato Stefano Balloch, consigliere regionale in Friuli Venezia Giulia. Sulla fedeltà matrimoniale ha idee poco convenzionali: “C’è tradimento e tradimento. Ma a volte tradire salva una relazione e a volte è solo voglia di sesso, che si esaurisce come un’ubriacatura. L’obbligo alla fedeltà, che non c’è nelle unioni civili, non dovrebbe esserci nemmeno nel matrimonio religioso: era nato quando aveva senso distinguere il figlio legittimo da quello illegittimo“.



