Nel giro di sole due settimane, il mondo del running veneto è stato scosso da due tragedie che hanno molti punti in comune. Anna Zilio, 39 anni, e Alberto Zordan, 48 anni, sono stati trovati morti nelle loro abitazioni senza una causa apparente. Entrambi erano maratoneti esperti, appassionati di corsa e in ottima forma fisica. Ma c’è un dettaglio che ha immediatamente attirato l’attenzione degli inquirenti: correvano per lo stesso team, il Km Sport di Verona, e condividevano lo stesso allenatore.
La prima a spegnersi è stata Anna Zilio, il 13 ottobre scorso. La donna non si era presentata al lavoro presso il negozio sportivo Km Sport, dove era impiegata. Il titolare Emanuele Marchi, preoccupato per la sua assenza, aveva dato l’allarme. Dopo ricerche a vuoto, vigili del fuoco e carabinieri erano entrati nell’appartamento di Verona, facendo la tragica scoperta: la 39enne era esanime nel suo letto.
Meno di tre settimane dopo, nella notte tra sabato 1 e domenica 2 novembre, è toccato ad Alberto Zordan. Il 48enne è spirato nel sonno nella sua casa di Sovizzo, in provincia di Vicenza. Anche lui era un runner esperto, con il prossimo obiettivo fissato alla maratona di Valencia del 7 dicembre, un traguardo che non raggiungerà mai.
Le coincidenze tra i due casi hanno spinto le procure di Verona e Vicenza ad aprire fascicoli d’indagine separati. Entrambi gli atleti erano seguiti dall’allenatore Dario Meneghini, ex atleta che aveva raggiunto il terzo posto ai campionati italiani under 23 nei 1.500 metri. Secondo quanto emerso, Meneghini aveva avuto una lunga relazione sentimentale con Anna Zilio, conclusasi di recente. L’allenatore si è detto oggi profondamente scosso da quanto accaduto.
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Per fare luce sulle cause dei decessi, le autorità giudiziarie hanno disposto accertamenti approfonditi sui corpi di entrambi i maratoneti. Nel caso di Zordan sono stati prelevati anche gli organi per analisi più dettagliate. L’obiettivo degli inquirenti è verificare se nei tessuti dei due runner fossero presenti tracce di sostanze illecite, in particolare sostanze dopanti. Il procuratore di Verona Raffaele Tito ha dichiarato che al momento si stanno attendendo gli esiti delle analisi tossicologiche, ma non ci sono ancora evidenze concrete.
Emanuele Marchi, titolare del team Km Sport e datore di lavoro della 39enne, ha voluto precisare che la società rispetta scrupolosamente tutte le normative. L’associazione conta circa 700 iscritti e raccoglie regolarmente i certificati medici di tutti gli atleti, inserendoli nel portale della Fidal come previsto. Marchi ha anche ricordato che i controlli antidoping esistono anche per gli amatori, non solo per i professionisti.
Proprio i certificati medici di Anna Zilio e Alberto Zordan sono stati sequestrati dalle due procure, nella speranza di trovare qualche indizio che possa spiegare le morti improvvise. Gli inquirenti stanno esaminando ogni dettaglio della vita sportiva dei due atleti, dai programmi di allenamento alle competizioni a cui hanno partecipato.
La comunità del running veneto rimane in attesa di risposte. Amici e familiari dei due maratoneti faticano a comprendere come persone così attente alla forma fisica e alla salute possano essere morte nel sonno senza segnali premonitori. Nel pomeriggio del 5 novembre si sono tenuti a Sovizzo i funerali di Alberto Zordan, un momento di dolore per chi lo conosceva e apprezzava la sua passione per la corsa.
Le analisi tossicologiche e gli esami autoptici richiederanno ancora tempo prima di fornire risultati definitivi. Solo allora sarà possibile stabilire se esiste davvero un collegamento tra le due morti e quali potrebbero essere state le cause. Nel frattempo, la vicenda ha riacceso il dibattito sull’uso di sostanze nel mondo dello sport amatoriale e sull’importanza dei controlli sanitari per chi pratica attività fisica a livelli intensi.



