L’Italia sta affrontando un preoccupante incremento dei casi di febbre da West Nile Virus, con i dati ufficiali che mostrano una rapida escalation: dai 10 casi certificati dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2025 si è passati a 21 in poche ore. La situazione più critica si registra in Campania, dove sono stati segnalati 9 nuovi ricoveri, e nel Lazio, con ulteriori due casi nella provincia di Latina. Ma perché proprio ora si sta verificando questo aumento? Si tratta di una delle domande più ricorrenti in queste ore, al centro dei dibattiti approfonditi della task force di medici radunati all’ospedale Spallanzani di Roma. La risposta è legata all’ambiente. Le condizioni meteorologiche degli ultimi mesi rappresentano il principale fattore scatenante dell’epidemia.
Secondo la Società di Medicina Veterinaria Preventiva, le intense piogge seguite da ondate di caldo hanno creato l’ambiente ideale per la proliferazione delle zanzare, vettori primari del virus. A questo scenario si aggiungono le rotte migratorie degli uccelli, che fungono da serbatoi naturali del patogeno, favorendo la diffusione geografica del virus su tutto il territorio nazionale.

La Rete degli Istituti Zooprofilattici ha attivato monitoraggi costanti sugli animali portatori del virus, concentrandosi principalmente su equidi e uccelli. Il Piano Nazionale di Prevenzione, Sorveglianza e Risposta alle Arbovirosi (Pna 2020-2025) suddivide l’Italia in aree a diverso livello di rischio, implementando per ciascuna zona specifiche azioni di controllo: dal monitoraggio degli uccelli stanziali alla sorveglianza entomologica sulle zanzare, fino ai controlli clinici sui cavalli e alla verifica dei casi di mortalità negli uccelli selvatici.
Le autorità sanitarie hanno attivato protocolli rigorosi per garantire la sicurezza delle trasfusioni e dei trapianti. Il Centro Nazionale Sangue ha implementato test specifici per la febbre da West Nile su tutte le donazioni provenienti dalle aree interessate, sistema che dal 2020 al 2024 ha permesso di intercettare circa 230 casi di infezione tra i donatori.