Il mondo della musica italiana è in lutto per la scomparsa di Peppe Vessicchio avvenuta oggi all’ospedale San Camillo di Roma. Il celebre direttore d’orchestra, volto leggendario del Festival di Sanremo e figura amatissima dal grande pubblico, si è spento all’età di 69 anni a causa di una polmonite interstiziale precipitata rapidamente. Il bollettino medico dell’ospedale ha confermato che il maestro era ricoverato in rianimazione e che il suo quadro clinico si è aggravato nell’arco di poche ore, lasciando senza possibilità di intervento i medici che lo avevano in cura.
Ma cos’è esattamente la polmonite interstiziale che ha stroncato il maestro in così poco tempo? La polmonite interstiziale rappresenta un insieme di oltre 200 malattie polmonari che colpiscono principalmente l’interstizio polmonare, ovvero il tessuto connettivo di sostegno tra gli alveoli, i piccoli sacchi d’aria dove avviene lo scambio di ossigeno. A differenza di una polmonite batterica classica, questa forma aggredisce la parte più profonda del sistema respiratorio, compromettendo la funzione respiratoria in modo più subdolo ma potenzialmente devastante. Si tratta della cosiddetta polmonite da Covid, risultata fatale per milioni di persone in tutto il mondo.

L’aria inspirata dalla bocca o dal naso passa attraverso la trachea fino ai bronchi, che terminano negli alveoli respiratori: è qui che avviene lo scambio tra anidride carbonica e ossigeno. Quando insorge l’infiammazione interstiziale, si verifica un aumento del tessuto connettivo che rende sempre più difficoltoso questo scambio gassoso fondamentale. La conseguenza immediata è il calo dell’ossigenazione del sangue, a cui il corpo reagisce aumentando la frequenza degli atti respiratori.
I sintomi caratteristici includono dispnea, la cosiddetta “fame d’aria” che il paziente avverte anche a riposo, accompagnata da tosse secca persistente e febbre. Nelle forme acute, come quella che ha colpito Vessicchio, l’infiammazione può provocare rapidamente un ispessimento dell’interstizio, perdita di elasticità degli alveoli e formazione di tessuto cicatriziale, un processo irreversibile che compromette in modo serio e repentino la funzionalità respiratoria. Nei casi più severi si arriva a una grave insufficienza respiratoria in tempi brevissimi.
Le cause della polmonite interstiziale sono molteplici e possono essere ricondotte a processi infiammatori scatenati da infezioni virali, inalazione di sostanze organiche o chimiche, assunzione di determinati farmaci, insufficienza renale, sarcoidosi o patologie del sistema connettivo. La forma più comune è la polmonite interstiziale classica, spesso associata alla fibrosi polmonare idiopatica.
La diagnosi richiede esami strumentali specifici, tra cui radiografie del torace, TAC ad alta risoluzione e, in alcuni casi, una biopsia polmonare. La terapia non è sintetizzabile in maniera assoluta data la complessità della patologia, ma in genere i protocolli prevedono l’utilizzo di corticosteroidi o glucocorticoidi per contrastare l’infiammazione. L’impiego di antibiotici è legato all’eventuale presenza di infezioni batteriche concomitanti. Per i pazienti con gravi difficoltà respiratorie risulta necessaria l’ossigenoterapia, mentre nei casi più critici può rendersi indispensabile il ricovero in terapia intensiva con ventilazione meccanica.
La prevenzione è legata principalmente a comportamenti finalizzati a evitare l’esposizione a fattori ambientali dannosi, in particolare sostanze chimiche e inquinanti. Tuttavia, in molti casi la malattia si manifesta in forma idiopatica, ovvero senza una causa identificabile, rendendo impossibile una prevenzione mirata. La rapidità con cui la patologia può evolvere, come dimostrato tragicamente dal caso di Vessicchio, sottolinea l’importanza di non sottovalutare sintomi respiratori persistenti come tosse secca prolungata, affaticamento respiratorio crescente o febbre inspiegabile, rivolgendosi tempestivamente a uno specialista pneumologo per accertamenti approfonditi.
Visualizza questo post su Instagram
Nato a Napoli il 17 marzo 1956, Peppe Vessicchio ha rappresentato per decenni un ponte tra competenza tecnica e linguaggio popolare, conquistando l’affetto di milioni di italiani grazie alle sue apparizioni televisive e alla sua straordinaria carriera musicale. Ha collaborato con giganti della canzone italiana come Gino Paoli, Edoardo Bennato, Peppino di Capri, Andrea Bocelli, Zucchero, Ornella Vanoni e Biagio Antonacci. Con Paoli ha firmato brani indimenticabili come “Ti lascio una canzone” e “Cosa farò da grande”.
Il legame con Sanremo è stato indissolubile: dal suo debutto nel 1990, Vessicchio ha vinto il Festival quattro volte come direttore d’orchestra, nel 2000 con gli Avion Travel (“Sentimento”), nel 2003 con Alexia (“Per dire di no”), nel 2010 con Valerio Scanu (“Per tutte le volte che”) e nel 2011 con Roberto Vecchioni (“Chiamami ancora amore”). A questi successi si aggiungono numerosi premi come miglior arrangiatore, testimonianza del suo straordinario talento. La sua presenza sul palco dell’Ariston era diventata una garanzia di qualità e professionalità, tanto da renderlo riconoscibile anche da chi non seguiva abitualmente il mondo della musica.
La famiglia del maestro ha chiesto riservatezza assoluta per l’ultimo saluto. I funerali si svolgeranno in forma strettamente privata, senza cerimonie pubbliche né commemorazioni aperte ai fan, come confermato dall’ospedale San Camillo in accordo con i parenti. Al momento della sua scomparsa, Vessicchio stava preparando un nuovo tour teatrale intitolato “Ecco che incontro l’anima”, insieme a Ron, previsto per il prossimo anno.



